La militanza della critica d’arte

Tempo di lettura 4 minuti

A Ravenna le sperimentazioni di tre promettenti artisti nostrani

di Alessia Signorelli

C’è un’aria particolare, in Emilia-Romagna. Chi c’è stato, fosse anche per una sola volta, e ha aguzzato bene i sensi, se ne sarà sicuramente reso conto: un qualcosa di effettivamente impalpabile, ma che impregna gli angoli delle città, quelli dei paesi, addirittura la stessa  pianura che è un po’ l’emblema della regione.

Forse, ma può darsi si tratti di un semplice assunto romantico, è proprio per via di questo certo “non so che”, che lì, tra cattedrali e torri, tra canali in mezzo ai campi, università ed osterie-bistrot, si sono trovate a convergere avanguardie ed idee “alternative”, quasi a voler ridare alla provincia sonnolenta uno slancio non solo vitale, ma anche graffiante.

Si esplora, si ricerca, si va un po’ fuori dai binari.

Su questa linea si inserisce “Critica in Arte”, ospitata al MAR – Museo d’Arte della Città di Ravenna, ideata dal suo direttore Claudio Spadoni, (sponsorizzata dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna) e riproposta per il quinto anno consecutivo.

Si tratta di un “progetto espositivo” che intende presentare, da novembre 2012 a gennaio 2013, a cadenza mensile, “il lavoro di un giovane artista in una mostra monografica allestita negli spazi del MAR”.

Chiara Canali (critica d’arte, giornalista e curatrice indipendente) , Matteo Galbiati (docente e curatore) e Silvia Loddo (storica dell’arte e della fotografia e fondatrice dell’Osservatorio Fotografico di Ravenna) ricopriranno il ruolo di “mecenati”, presentando una giovane promessa dell’arte  italiana di ultima generazione a testa.

Ad Ettore Frani (nato nel 1978 a Termoli in Molise), presentato e “curato” da Matteo Galbiati, sono dedicate le prime due sale del Museo, con preciso intento espositivo-narrativo: nella prima sala, sono ospitati alcuni degli iniziali cicli pittorici dell’artista, intesi a presentare lo sviluppo ed il consolidamento tecnico e concettuale del pittore, mentre,  nella seconda sala, si trovano esposte quelle opere appartenenti all’ultimo ciclo lavorativo di Frani.

L’opera di Frani, pur mantenendo solide radici nell’arte dei secoli passati, riprendendone in particolar modo il “non detto”, il “senso trascendentale”  presente ma invisibile, offre allo spettatore una tensione verso profondità abissali ed infiniti quasi accecanti in una purezza fatta di sconcerti e realizzazioni a cavallo tra il metafisico e la mistica, rinunciando consapevolmente all’eccesso metaforico e rifuggendo il didascalico, rimanendo su un piano di (ir)realtà, di confine tra mondi ed esperienze dell’anima.

Dalle esperienze liminali dell’essere, si passa ad un campo totalmente diverso, quello della scienza che si mescola con l’arte, instaurando un rapporto di ricerca-esplorazione da piccolo chimico intraprendente.

Artefice di questa visione è Alessandro Brighetti (Bologna, 1978), presentato da Chiara Canali. Forte del suo background di “figlio della scienza” (con un padre dentista ed un fratello chirurgo), Brighetti “gioca” mettendo assieme nuove tecnologie, interpretazioni delle “ricerche sull’arte cinetica e programmata degli anni sessanta” e la fascinazione per il magnetismo, che lo ha portato, in collaborazione con un chimico, a realizzare una “mistura ben calibrata di olio sintetico e micro particelle di ferro avvolte da tensioattivi ionici, un liquido capace di reagire ai campi magnetici e sovvertire le leggi base della fluidodinamica”.

Ed eccoci quindi, di fronte a tutta una serie di “possibilità” impensate, geometrie tridimensionali, conflitti astratti e di forze; il tutto incentrato sulla  rilettura dell’arte tramite medium scientifici e viceversa Al pennello, si sostituisce il tocco dell’artista, tornando quasi indietro, all’epoca della “pittura con le dita”, ma inserendosi a pieno diritto nell’ “oltre-futuro”.

In anteprima, alcuni lavori tratti dal suo nuovo progetto Narchitecture, dove, stavolta, è un’idea alchemica, da farla da padrone, nell’esplorazione e sperimentazione del mutamento “da…” “…a” e viceversa.

A concludere, arriva, a cura di Silvia Loddo, l’esperienza fotografica  di Marcello Galvani (Massa Lombarda, 1975), vincitore del secondo premio al “Premio Atlante Italiano 007 rischiopaesaggio”.

Le foto di Galvani (un curriculum di tutto rispetto, il suo,  con partecipazioni a festival quali il Festival della Fotografia di Reggio Emilia e il SIFest di Savignano), che fanno parte delle collezioni del Fotomuseum di Winterthur, del Museo Maxxi di Roma e di Linea di Confine per la Fotografia contemporanea di Rubiera (RE), si presentano come uno sguardo tutto particolare, quasi straniante, nell’affrontare soggetti e situazioni di tutti i giorni, conferendo a questa dimensione “reale” un senso di trasparenza, e connotandosi come la concretizzazione dello sguardo interiore ed esterno del fotografo,.

Tre medium artistici agli antipodi, per raccontare e svelare gli angoli più diversi del fil rouge che, comunque, unisce i tre artisti: l’essenza dell’esistenza stessa.

Critica in Arte

25 novembre 2012 – 13 gennaio 2013
MAR – Museo d’Arte della città di Ravenna
martedì, giovedì e venerdì: 9.00-13.30 / 15.00-18.00
mercoledì e sabato: 9.00-13.30
domenica 15.00-18.00
lunedì: chiuso

Ingresso: gratuito
Per maggiori informazioni:
Segreteria
Tel + 39 0544 48 20 35
Fax +39 0544 48 24 50
e-mail: info@museocitta.ra.it
www.museocitta.ra.it

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