Cattive pratiche d’oltremanica
La Standard Chartered e le super-sanzioni. Cronaca di un delitto e di un castigo
Di Andrea Ranelletti
Quello che si avvicina alla conclusione è stato un vero e proprio annus horribilis per il panorama bancario inglese e mondiale. Mentre è ancora fresco il ricordo degli scandali estivi che hanno leso la reputazione di banche dai nomi altisonanti come Barclays e Standard Chartered, arriva fresca a novembre la notizia di una lista di conti aperti dalla HSBC, la più grande banca d’Europa, per conto di individui condannati per crimini che vanno dal traffico di droga al riciclaggio di denaro. Le autorità britanniche indagano su uno scandalo di cui già da tempo si ventilava l’esistenza e si inizia a parlare di una multa per violazione delle norme anti-riciclaggio d’entità superiore al miliardo e mezzo di sterline.
A inizio mese era giunta invece la notizia di un accordo raggiunto tra la Standard Chartered e il Dipartimento dei servizi finanziari dello stato di New York (capeggiato dal sovrintendente Benjamin Lawsky) per il pagamento di 340 milioni di dollari come ammenda per le transazioni illegali effettuate verso l’Iran, stato sotto embargo delle Nazioni Unite da fine 2006. Pare che tra il 2001 e il 2010 oltre 60mila transazioni siano state effettuate dalla banca StanChart verso l’Iran, per un totale di 250 miliardi di dollari. Lawsky ha inoltre parlato di possibili legami tra la banca e altri stati sotto sanzione come Libia, Myanmar e Sudan. Nel suo rapporto Lawsky ha accusato la StanChart di una “violazione della legge e dei regolamenti di entità tale da rendere Standard Chartered colpevole di aver creato una minaccia per la pace mondiale”.
Intanto Peter Sands, CEO della banca inglese, parla di una crescita anno per anno dei profitti del proprio istituto pari al 10%, in controtendenza con altri grandi istituti che si trovano a dover disinvestire e ridurre il personale a causa della crisi economica globale. Grandi performance scalfite dalla durezza delle sanzioni, che hanno danneggiato fortemente il bilancio annuale della banca. Lawsky, inoltre, ha fatto sapere di aver preso in considerazione l’ipotesi di revocare la licenza bancaria nello stato di New York alla Standars Chartered. Sarebbe stato un colpo durissimo per una banca che basa gran parte dei propri affari sul dollaro.
La Standard Chartered ha definito profondamente ingiuste le sanzioni, dichiarando come oltre il 99,5% delle proprie transazioni verso l’Iran fosse regolare, in completa corrispondenza con le altre operazioni effettuate nell’area. Il giro di affari della Standard Chartered gravita difatti per la quasi totalità attorno ad Asia, al Medio Oriente e all’Africa. E’ recente la notizia della forte espansione degli affari della banca in Bahrein e negli Emirati Arabi Uniti, dove la Standard Chartered Saadiq, la branca islamica dell’istituto, ha deciso di iniziare a offrire prestiti “sharia-compliant” (investimenti finanziari compatibili con il precetto islamico) a piccole e medie imprese locali.
La lotta al riciclaggio di denaro effettuata dai grandi istituti continua a presentarsi come una sfida ardua: le normative tendenti a una limitazione del flusso di denaro non hanno saputo arginare le cattive pratiche. La scoperta di queste ultime è inoltre dovuta più spesso alle dichiarazioni della “talpa” di turno che all’azione dei regolamentatori. Leggi e strumenti d’indagine più efficienti sono auspicabili per interrompere il traffico di denaro nero che ingolfa quotidianamente il motore della buona finanza globale.
(fonte immagine: http://martino-light.com)