Freelance: scegli tu o scelgono per te?
Quando è il sistema e come gira il mondo che ti costringono alla precarietà
di Martina Martelloni
Definizione di freelance: “Colui che svolge lavoro autonomo, libero da vincoli contrattuali e pagato a prestazione”. Sarebbe così poetico e suggestivo sapere che ci sono solitari uomini e solitarie donne che girano il mondo con macchina fotografica alla mano e taccuino in tasca perché ricercatori di storie vere e di vite autentiche da poter narrare a chi sta fermo ad aspettare il loro arrivo ed il loro bottino di spedizione. Giornalisticamente parlando notizie e conoscenza e mai solo fuggiasche informazioni.
Qualcosa non torna, sono in troppi oggi questi avventurieri con la penna, chiamati giornalisti saltuariamente o per convenienza. La scelta di essere indipendenti ed autonomi, lascia un sapore amaro perché è che così gira il mondo, la precarietà del lavoro in generale e, di questo nel particolare, ti porta a dover scegliere di essere freelance. E mentre noi sogniamo questi viaggiatori portatori di notizie, le statistiche ed i dati parlano chiaro. Troppi a scrivere ma pochi ad essere riconosciuti come giornalisti. Ora il cambiamento è più che mai doveroso e necessario.
Un piccolo passo, che accompagna quello passato della Carta di Firenze, è stato fatto dai poteri alti della VII Commissione Permanente della Camera dei Deputati che ha approvato la legge sul così definito “equo compenso”. Le norme contenute mirano a razionalizzare quella sfera fatta d’aria dove galleggiano collaborazioni fantocce ed ombrose su reali stati di effimere riconoscenze lavorative. Entro trenta giorni una Commissione mista composta da membri del Governo, del Sindacato, dell’Ordine e dell’Editoria, stilerà su carta delle soglie di contribuzione salariale prevista per i freelance e collaboratori autonomi.
Obiettivo della legge è riuscire ad avviare, sviluppare e completare il tentativo di armonizzazione tra lavoro attivo e compenso retributivo da parte di chi ne decide le regole editoriali. Così la Commissione elencherà quei media benevoli, rispettosi delle soglie previste per l’equo compenso. Tutto il resto, indifferente e negligente ai doveri, resterà fuori la “lista banca”, privato degli ambiti contributi pubblici all’editoria.
Stretta di mano dunque a chi con pressione e dedizione ha posto davanti agli occhi della politica un problema reale che avvolge migliaia di inseguitori della professione. Freelance in primis come sostenitori della legge, affiancati dalle massime rappresentanze del sindacato Fnsi e dell’Ordine. Portavoce della vittoria di diritto, Franco Siddi ha così espresso la sua approvazione: “Con la legge sull’equo compenso per i giornalisti freelance e collaboratori autonomi approvata oggi definitivamente dalla Commissione Cultura della Camera riunita in sede legislativa cade un muro, quello innalzato dalla gran parte degli editori italiani, che si opponevano a considerare questa una realtà del lavoro meritevole di giusti trattamenti economici e obblighi sociali”. Collaboratori che tanto hanno dato e molto poco in cambio hanno ricevuto. Cambiare ora è obbligatorio.
A distruggere il castello di sabbia, quello dove padroneggiano i diritti tutelati e le libertà di chi ne gode, ci pensala statistica delle cose. Scendiamo dalle nuvole e prendiamo atto dei numeri che emergono, con il crudele effetto sorpresa della realtà, in un accurato e dettagliato rapporto realizzato e pubblicato da Lsdi (Libertà di Stampa Diritto all’ Informazione), si raccoglie e si getta nero su bianco le cifre fornite dall’Inpgi sul crescente aumento dei giornalisti in Italia. Aumento, talvolta significa caos e disperazione. Un po’ come i proletari del dopo guerra che sfornavano figli per avere braccia in più nei campi, così la società ed il sistema attuale stampa aspiranti giornalisti che cercano di esserlo oltre che di sentirselo. Rispetto agli anni passati, si registra che nel Belpaese ci siano 103.036 giornalisti, esclusi gli stranieri e gli appartenenti all’elenco speciale.
Tanto si è detto sui laureati uscenti dalle facoltà di Giurisprudenza con codice civile e penale sotto al braccio, lo stesso si dice oggi dei cacciatori di notizie. Cambiano i soggetti, resta intatta la trama che confronta con i Big europei differenze incolmabili. Francia e Regno Unito, per non citare il colosso Stati Uniti, detengono un numero nettamente inferiore di giornalisti. L’Italia vanta troppo spesso record disagianti, sono quasi il doppio i giornalisti nostrani rispetto a francesi ed inglesi che addirittura hanno subito un calo, nel corso degli anni, degli attivi nella professione.
Scremando l’elevata, quasi eccessiva, cifra ci si accorge però di come sia la realtà a dettare la razionalizzazione dei numeri e ci si accorge di quanto sia costretta la scelta che fa crescere quel numero. Dati alla mano, nel 2011 si contano 26.524 giornalisti freelance rispetto ai 23.213 del 2008. A sfidare la massa che cresce sono i giornalisti dipendenti che sbandierano un esiguo 19.639 contro i 20.087 dei due anni precedenti.
I rapporti di lavoro sono la ferita aperta e dolente del settore, chi stipula contratti è sempre meno. Nel 2008 erano in 22.197 mentre oggi sono scesi a 21.069 con una contrattazione del 5%. Anche questo ci dice molto su come gira il mondo e su quanto sia mirata ed indirizzata la strada verso l’autonomia lavorativa.
Altro differenziale, scalino netto che separa il guadagno di chi è dipendente rispetto a chi è “libero”. Ancora l’Inpgi fornisce l’ammontare dello stipendio annuale del giornalista con datore di lavoro; Sono 62.228 euro gli sfidanti contro gli appena 12.456 dei freelance che lasciano anch’essi un divario, non poco profondo, con i para-subordinati che infilano sotto al materasso 9.703 euro l’anno.
Chi sceglie di essere quello che vuole sa perfettamente che deve lottare e sudare per farlo valere. Ma quanto ancora è dura questa salita? Che debba essere esigente, faticosa e selettiva è cosa sensatamente giusta, però, che non sia una corsa ad un tesserino che si finge traguardo. Poi da pubblicista ti vogliono professionalizzare e riparti a correre verso il secondo traguardo. E mentre speri che sia quello finale, di nuovo percorsi da correre, e allora i corridori se ne fanno ben poco di una carta nominativa che indica il mestiere che fai se poi tanto per il mondo vali poco.
Cerchiamo, e cercate, per voi che ne tenete le fila e ne decidete le regole, di rendere questa una professione vera che non porti in strettoie di labirinto, piuttosto in uno sbocco sul mare, affollato o meno che sia, importa poco se c’è la qualità e la devozione. Facciamo in modo che tutti si possano riconoscere in una sola professione. Freelance, collaboratori, dipendenti, subordinati, chiamateli come volete, ma che siano tutti Giornalisti riconosciuti.