Deutschland über alles
La Germania continua a crescere ma il suo slancio si è fortemente ridotto. Cosa bolle in pentola per il 2013?
di Andrea Ranelletti
Germania nuova terra promessa? A giudicare dai numeri pare di sì. Secondo un’indagine dell’istituto Kiel Economics, nel prossimo quinquennio la differenza tra chi approderà in Germania e chi la lascerà sarà di oltre due milioni di persone. Il flusso migratorio corrisponderà a un esodo dai sofferenti paesi del Sud Europa, incapaci di offrire lavoro e guadagni adeguati a un numero crescente di persone.
Le statistiche impietose sottolineano come il divario tra la Germania e il resto d’Europa si vada ampliando. Nella prima metà del 2012 è stato registrato un incremento del flusso migratorio verso la terra teutonica pari al 35%, per un totale di 182mila persone. L’allargamento della faglia che separa l’Europa “buona” da quella “cattiva” è testimoniato dalle cifre relative all’incremento del 78% nell’arrivo di cittadini greci rispetto al 2011 e del 50% nell’arrivo di lavoratori spagnoli e portoghesi.
Il divario che la separa dai famigerati “PIIGS” non permette però a Berlino di dormire sonni tranquilli. Da mesi si susseguono le notizie relative all’incertezza per il futuro di una Germania che non potrà continuare a trainare troppo a lungo il vagone degli stati in recessione. L’ulteriore abbassamento delle previsioni di crescita del Pil tedesco dall’1,2% allo 0,9% preoccupa anche Angela Merkel. La cancelliera in conferenza a Francoforte si è detta “ottimista con prudenza per il 2013, perché anche in Germania la crescita si indebolisce”.
Da tempo si parla della necessità di dare impulso alla crescita dei paesi in difficoltà affinché l’intera Eurozona possa tirare il fiato e ripartire. La prudenza della Merkel risponde all’esigenza di non turbare eccessivamente un elettorato inquieto e infastidito dall’idea di veder salire il debito nazionale per risolvere i problemi di altre nazioni. Le affermazioni recenti della Merkel (“la politica economica europea deve essere improntata al rigore dei conti” e “il processo di aggiustamento dell’area Euro dovrà essere doloroso”) mostrano la sua determinazione nel continuare a imporre politiche d’austerità agli Stati in crisi.
Lo scorso venerdì la Commissione UE ha bocciato la proposta di uno scorporo delle spese per alcuni investimenti dai conti del deficit pubblico (la Golden Rule tanto cara a Mario Monti), sottolineando come l’unica misura che otterrà immediato appoggio tedesco sia l’istituzione di un fondo di solidarietà a budget limitato per i paesi in maggior difficoltà. L’approccio duro della Merkel sta pagando sul fronte interno. Dopo il calo nei consensi di qualche mese fa, un sondaggio della televisione tedesca ZDF rivela un’approvazione popolare pari all’81% nei confronti dell’operato della Cancelliera.
Anche sul fronte interno però c’è chi dissente. Wolfgang Münchau, editorialista economico di punta di «Der Spiegel» e del «Financial Times», ha recentemente pubblicato un articolo molto critico verso l’imposizione di rigide politiche d’austerità a paesi in difficoltà come l’Italia. Münchau ha rimproverato ai governanti europei un peccato d’ortodossia nell’approcciare il tema della crisi economica e sottolinea come essere contro le politiche d’austerità non significhi per forza essere antieuropeisti. Quella della Merkel è, secondo Münchau, una strategia tesa a contenere il dissenso interno e a “presentare al proprio elettorato le vere necessità in porzioni piccole e più digeribili”.
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