Le conseguenze della guerra in Mali
A Bamako la situazione sta velocemente precipitando, tra lacerazioni politiche e rischio di interventi miltari Ecowas
di Asha Sabrie
Il Mali deve affrontare l’ennesima crisi politica. Con un primo ministro destituito e una giunta militare che manifesta una frustrazione senza fine, il Paese rischia di dividersi. A nord c’è una regione in uno stato di emergenza umanitaria mentre il resto del Mali é alle prese una classe politica coesa.
In questo stato di cose nessuno sembra valutare le conseguenze causate da una guerra in corso d’opera. Il primo ministro del Mali, Cheick Modibo Diarra, è stato arrestato dai militari guidati da Amadou Haya Sanogo. Qualche ora dopo dall’arresto, Diarra si è dimesso dal ruolo di premier, mettendo così a rischio la delicata situazione maliana.
Il capitano Sanogo è stato il protagonista principale del colpo di Stato risalente allo scorso marzo di quest’anno. Assieme alla giunta militare, si è ribellato al suo governo nello stesso periodo in cui le forze tuareg avanzavano nel nord del Paese.
Difatti, il golpe militare è stato giustificato dall’esercito come una reazione alla mancanza di un appoggio governativo contro i ribelli tuareg.
Con questa azione, Sanogo e l’esercito maliano non solo hanno destituito il primo ministro Modibo Diarra, ma potrebbero aprire una nuova crepa nella delicata crisi politica maliana.
La comunità internazionale non è estranea alla grave situazione nel Mali. Basti pensare che lo scorso 10 dicembre l’Unione Europea ha approvato un piano umanitario per elargire fondi da destinare alle popolazioni maliane in stato di emergenza.
Questo piano prevede anche la presenza di 250 addestratori militari che la Ue manda con lo scopo di formare quattro battaglioni composti da 2600 soldati maliani ciascuno.
Gli ufficiali che si occuperanno dell’addestramento non dovranno né affiancare né sostenere l’esercito maliano, ma dovranno solamente svolgere il ruolo di formatori, nel rispetto delle leggi internazionali.
Ed è proprio la presenza straniera che pone il dubbio su un imminente intervento militare guidato dall’Ecowas (Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale) nel Mali, che preme per effettuarlo. A questo scopo, questo organismo ha richiesto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu l’autorizzazione in tempi brevi per passare alle armi. Si stima che le forze internazionali che parteciperebbero sarebbero composte da circa 3.300 soldati.
Nonostante la fretta posta dall’Ecowas, l’invio di un contingente alleato é previsto per l’autunno 2013. A confermare l’ipotesi, è stato lo stesso inviato delle Nazioni Unite nel Sahel Romano Prodi e il sottosegretario generale delle Nazioni Unite per le Operazioni di Pace, Herve‘ Ladsous.
La data autunnale è stata stabilita in previsione di un addestramento completo delle forze maliane, considerata la fragile situazione politico militare in cui vacilla il Mali.
L’intervento, però, non è ben visto dai alcuni Paesi confinanti, come l’Algeria e la Mauritania. Entrambe le nazioni non parteciperanno all’invio di un contingente militare presso il loro vicino. Anzi, i due Stati africani reputano pericolosa la presenza di truppe straniere sul territorio maliano e temono il rischio di derive che possano destabilizzare tutta l’area.
Con un panorama politico pieno di contraccolpi, sembra che ci sia un atteggiamento schizofrenico di fronte ad intervento militare che viene millantato da mesi.
L’urgenza nel voler contrastare la presenza degli islamisti nel nord del Paese, si antepone alla crisi umanitaria che sta vivendo la regione di Azad. Inoltre, l’atteggiamento interventista dell’Ecowas sembra ignorare le conseguenze di una guerra invisibile agli occhi della diplomazia internazionale.