Pasoliniano MoMA

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Al MoMA di New York, una retrospettiva completa ha celebrato il genio di Pasolini

di Alessia Signorelli

fonte immagine: insideart.eu

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Si è chiusa il  5 gennaio la retrospettiva “Pier Paolo Pasolini”, inaugurata il 13 dicembre ed ospitata presso il MoMA di New York, in collaborazione con Luce Cinecittà e Fondo Pier Paolo Pasolini/Cineteca Bologna, la cui organizzazione è stata affidata a Jytte Jensen, Curatrice del Department of Film (MoMA) e Camilla Cormanni e Paola Ruggiero  (Luce Cinecittà), con Roberto Chiesi (Fondo Pier Paolo Pasolini/Cineteca Bologna) e Graziella Chiarcossi.

E’ stato omaggiato con un ricchissimo “tributo” il genio di Pasolini, un genio scomodo, quello di un artista completo, perché scrittore, perché poeta e regista e mente temeraria –soprattutto mente temeraria, che ci ha regalato capolavori assoluti, controversi, brutali e commoventi. Anche oltreoceano,il segno indelebile, anzi, il marchio, la sferzata di Pasolini non finisce mai di suscitare pensieri e riflessioni.

I suoi lavori sono stati definiti come “seminali per il cinema indipendente”,  ma Pasolini è stato ed è molto di più che uno dei maggiori “padri” di questo tanto ansiosamente analizzato cinema indipendente. Pasolini era oltre questo, prima ancora che del mondo della cinematografia “indie” se ne avesse anche una semplice e vaga nozione. La poetica di Pasolini, sfaccettata e complessa, profonda e lieve, aulica e popolana al tempo stesso, ha sempre infranto le rigide barriere del pensiero borghese e non solo.

Vicino agli ultimi, agli emarginati, agli sbagliati, omosessuale in un’Italia che vedeva il “diverso” solo e semplicemente come il fenomeno da baraccone, la macchietta invertita,  Pasolini è un altro di quei personaggi folgorati e folgoranti che o li si ama totalmente o, altrettanto totalmente, li si odia.

E, la retrospettiva del MoMA ha cercato di restituire tutta la grandezza di una vita relativamente breve, ma estremamente prolifica.

Oltre alle letture di brani di Pasolini, da parte di artisti italiani e americani, di performances e installazioni cinematografiche al MoMA PS1, ad una tavola rotonda, un seminario, una mostra di disegni e ritratti di Pasolini e la presentazione del nuovo libro “Pier Paolo Pasolini, il mio cinema”, sono stati anche riproposti i capolavori cinematografici di questo intellettuale tagliente, presentati in copie nuove, che hanno visto l’Istituto Luce dedicarvi due anni di lavoro.

Sembra proprio che la Grande Mela sia rimasto terribilmente affascinata, anzi, che si sia quasi innamorata di Pasolini; nel 1990 gli era già stata dedicata una mostra e una retrospettiva (sempre ospitata dal MoMA), mentre, nel 2007, la città di New York lo aveva reso protagonista delle celebrazioni della cultura italiana con “Pier Paolo Pasolini poeta delle ceneri”, che hanno visto tutta una serie di iniziative artistiche e culturali, dislocate in varie zone della metropoli e con Patti Smith nelle vesti di ospite d’onore.

La “città che non dorme mai” , dunque, continua a dichiarare il suo amore per quest’uomo, dalla mente implacabile e dalla potenza espressiva sconvolgente. Non si esce vivi dalla visione di un film di Pasolini, o, quantomeno, non si esce tutti interi; si abdica una parte di sé, quella più rassicurante, quella più sonnolenta.

Ed è interessante vedere come gli Stati Uniti, che, artisticamente parlando, sembra abbiano preso una inquietante china discendente, siano così attratti dalla poetica pasoliniana. Il MoMA, istituzione museale di un determinato calibro, festeggia nuovamente l’uomo, l’artista, il filosofo, lo spirito indipendente,  uno di quelli che hanno determinato i nostri tempi e dei quali, ora più che mai, in questi anni che penzolano rammolliti su sperimentazioni rimasticate e minimamente stimolanti, si sente la lacerante mancanza.

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