Acqua e arsenico, nel Lazio i pericoli maggiori
Dal 31 dicembre decine di comuni delle province laziali sono fuorilegge, scopriamo i perchè
di Lorenzo Tagliaferri
L’Unione Europea ha infine esaurito la pazienza. La scadenza datata 31 dicembre 2012 è l’epilogo di una vicenda che si trascina ormai da circa dieci anni, cioè da quando l’UE ha fissato come data ultima per gli interventi atti a ridurre la presenza di arsenico nelle acque al di sotto della soglia di pericolosità (fissata in 10 milligrammi/l) al 31 dicembre 2010. Da quel giorno in poi una serie di ricorsi infiniti ha obbligato la Commissione europea a concedere una deroga di 3 anni per poter permettere alla Regione Lazio di adeguare i propri impianti e quindi rientrare nei limiti della legalità.
Tre anni che non hanno prodotto risultati e che hanno contribuito a palesare i limiti delle amministrazioni delle province di Viterbo, Latina, Frosinone e Roma, con numeri imbarazzanti per le province di Viterbo (315.523 abitanti, 60 comuni interessati) e Roma (145.016 abitanti, 17 comuni interessati). Province che dal 1° gennaio 2013 si trovano a fare i conti con la mancanza di acqua effettivamente potabile e con una multa che potrà variare dai 250.000 ai 500.000 euro al giorno a seconda della quantità di arsenico presente in ogni singolo litro di acqua.
Guardando più in particolare, le situazioni più ambigue si trovano nelle zone di Frosinone e Latina. Nella provincia ciociara, nel comune di Ceccano il 12 maggio 2012, sul sito dell’ATO 5 (divisione Acea per il Comune del frusinate), compariva l’annuncio della messa a norma dei livelli di arsenico attraverso l’attivazione di 2 impianti di filtraggio da 60 litri/secondo, con tanto di pomposa inaugurazione alla presenza dell’allora sindaco della città, Antonio Ciotoli, dell’A.D. di Acea Ato 5 Luca Matrecano e diversi altri dirigenti.
La questione sembra essere risolta fin quando, il 3 novembre scorso, ben 6 mesi dopo l’inaugurazione degli impianti di filtraggio, il comune emetteva un’ordinanza limitativa per il consumo dell’acqua in alcune zone della città facendo esplicito ricorso al concetto di non potabilità della stessa in ragione di un’elevata presenza di arsenico (12 milligrammi/l superiore al limite consentito). Limitazione revocata solo 5 giorni dopo, suscitando così, i dubbi legittimi dell’associazione Ceccano – Idee in movimento sull’efficienza degli impianti di filtraggio e una richiesta di chiarimento agli uffici ASL che hanno effettuato i prelievi.
Nella provincia di Latina la società che controlla il servizio, Acqualatina, aveva comunicato, durante una conferenza stampa il 28 dicembre, di aver messo a norma i sistemi di filtraggio per portare la quantità di arsenico sotto i 10 milligrammi/litro, salvo essere smentita appena 5 giorni dopo dai prelievi effettuati dalla ASL, che confermava in diverse zone della provincia uno sforamento dei limiti imposti dalla legge. A chiudere la vicenda è la stessa Acqualatina che pochi giorni fa (7 gennaio) ha comunicato attraverso il proprio sito di aver risolto i problemi degli impianti di filtraggio, sostenendo che i precedenti problemi erano da attribuire al periodo di assestamento che suddetti impianti necessitano al fine di un corretto funzionamento.
Lungi dall’essere definitivamente risolti, le difficoltà legate alla presenza di quantità importanti di arsenico nell’acqua sono l’ennesimo esempio di inefficienza dell’amministrazione pubblica.
La prossima settimana continueremo la nostra inchiesta sulla questione arsenico nel Lazio.