Giovani e web: arriva il contratto di tutela?
Una mamma americana regala l’iPhone al figlio tredicenne accompagnato da un vero e proprio contratto: nuova frontiera dell’educazione?
di Rosa Fenoglio
Crescere è difficile, lo è sempre stato. Spesso ci dimentichiamo di quanto possa essere dura e crudele l’adolescenza e, se i gesti e le parole si amplificano proporzionalmente alla potenza del mezzo che li veicola, oggi diventare adulti è ancora più complicato.
Le possibilità che internet offre ai giovanissimi sono grandi e preziose. Se nella crescita è fondamentale giocare a palla in un campo, leggere un libro e confrontarsi con i coetanei, altrettanto importante è avere accesso a musica, film, video provenienti da tutto il mondo, conoscere, anche solo virtualmente, culture lontane alla nostra, soddisfare la propria curiosità senza passare dallo step genitoriale. Ma tali enormi vantaggi si controbilanciano, come quasi tutto nella vita, con pericoli e insidie atrettanto intensi e profondi.
Una blogger, nonché mamma americana, Janell Burley Hofmann, consapevole delle potenzialità racchiuse nel cyberspazio e probabilmente desiderosa di assecondare il figlio, ha deciso di regalare al tredicenne un iPhone. La donna, avendo però ben presente anche i risvolti negativi, a volte drammatici, che l’uso indiscriminato della rete presenta, ha accompagnato l’hardware di un contratto in 18 punti che il ragazzo avrebbe dovuto sottoscrivere prima di poter utilizzare il suo nuovo ‘giocattolino’.
A dispetto della maggioranza dei commenti che la notizia ha raccolto in rete, perlopiù negativi, l’idea potrebbe essere buona e anche condivisibile. Alcune di queste regole, applicabili all’utilizzo di qualsiasi dispositivo che permetta la navigazione in internet, non sono finalizzate esclusivamente alla tutela del proprio figlio, ma a insegnargli come atteggiamenti leggeri possano nuocere, a volte in modo irreversibile, ad altre persone. Tra i vari episodi vale la pena ricordare la storia di Amanda Todd, che, come molti altri ragazzini di oggi, si è lasciata attrarre dalla tendenza del momento tra i teenagers, il sexiting, senza avere gli strumenti e la maturità per gestirlo.
La diffusione in rete di foto intime da parte di minorenni è un fenomeno che negli ultimi anni si sta diffondendo nel mondo, Italia compresa. Al fine di far comprendere ai ragazzi, molto spesso inconsapevoli delle conseguenze che l’invio di una propria foto intima comporta, dal cyberbullismo allo scambio di materiale pedopornografico, Save The Children aveva già nel 2010 lanciato una campagna, “Posta con la testa”, per introdurre i giovanissimi a un uso consapevole delle tecnologie.
Il web non ha creato il bullismo o altre condotte gravi, quando non criminose, quelle ci sono sempre state. Il mezzo, in quanto tale, non produce i comportamenti, ma a seconda della sua potenza, le ripercussioni di atti deliberatamente prepotenti o semplicemente leggeri, incentivati anche dal riparo della distanza virtuale, sulla vita e sulla crescita delle persone possono essere drammatiche. Quando qualcosa entra in rete non è più gestibile e, una volta nel web, le foto, le immagini e le frasi acquistano una vita propria che non siamo più in grado di controllare.
Educare all’utilizzo della tecnologia, permettendo la scoperta e l’esplorazione del mondo che essa ci permette di conoscere è fondamentale. Negare e reprimere non è mai servito a molto, in tutti gli ambiti. Ma è importante entrare a far parte di una dimensione ben consapevoli di tutto quanto essa contiene, bello e brutto che sia. Le regole, che ad alcuni appaiono severe o insensate, servono proprio a questo.
Il contratto tra la Hofmann e il figlio appare anche come il tentativo di limitare l’apertura eccessiva della sfera più personale. Come insegnava Michel Foucault, l’ingresso nella dimensione più privata dell’individuo è strumento di potere. Insegnare a mantenere intatta una zona dell’esistenza equivale a preservare un territorio libero dalle influenze e dal controllo esterni.
(fonte immagine: webnotizie.net)
Argomento tortuoso e delicato su cui fior di cultori del sapere avrà già detto a volontà. Condivido le perplessità dell’autrice dell’articolo e non ammiro particolarmente lo scagliarsi in modo eccessivo contro chi decide di imporre delle regole in un mondo che sembra aver completamente perso il “lanternino”. Tuttavia, mi chiedo se la regola possa servire all’adolescente per imparare e poter crescere in questo mondo, che sarà lui stesso a dover creare migliore di quello che è, o se serva semplicemente a un educatore per semplificare il suo arduo e complicato lavoro.
La regola serve solamente per allenare la mente a trovare il modo di eluderla e non serve a farci capire autonomamente cosa sia giusto e cosa sbagliato.
Ovviamente la mia parola è di chi non si trova nella situazione della madre del giovane moderno, alle prese con un mondo come il nostro, ad ogni modo, rimango dell’idea che un bel paio di scarpe, uno zaino con dentro un panino e la voglia di stare all’aria aperta sia il regalo migliore e il modo più proficuo per riaccendere quella comunicazione fatta di fisicità che ci permetterà di migliorare i contenuti della rete.
Questa nostra forma di comunicazione interattiva e tutta questa informazione non fa altro che rendere più difficoltoso il parlare, protetti da una rete di regole che non ci permettono di creare una nostra idea che sia soltanto nostra, giusta o sbagliata che sia, ma autoprodotta dalla nostra mente e non filtrata dalla mente della comunicazione globale.