Il Partito democratico e gli “altri”
Manca un mese al voto e Bersani, in testa, si guarda intorno, incalzato da più parti
di Samuele Sassu
Stiamo entrando nel momento clou della campagna elettorale, in vista delle elezioni politiche fra le più incerte della storia. Berlusconi e le faide della destra da una parte, Bersani e le controversie della sinistra dall’altra, con l’incognita Monti a “minacciare” il naturale equilibrio del bipolarismo.
Che succede, dunque, a sinistra? Che cosa pensa Pier Luigi Bersani dell’attuale Presidente del Consiglio? Il rapporto tra i due sta attraversando un momento di difficoltà, segnato certamente da una competizione che li vede concorrere per la stessa posizione. Il professore cerca una clamorosa riconferma, mentre il segretario sogna una nuova, grande avventura per lui e la sinistra.
Eppure, si diffonde nell’ultimo periodo un sentimento generale secondo cui nessuno è più sicuro di vincere. Bersani è in vantaggio, questo è chiaro. Ma in cuor suo già sa che l’accordo con i centristi di Monti e Casini potrebbe essere molto più che una semplice eventualità. La triste fine dell’Unione di Romano Prodi, che nel 2006 si illuse di poter governare da sola in seguito a una modestissima vittoria, conclusasi con lo scioglimento delle Comere dopo soli due anni, consegnando il Paese a Berlusconi, è un incubo che il segretario Pd vuole e deve evitare.
Ciò che Bersani realmente pensa di Mario Monti, è noto da qualche mese: il segretario ha prospettato la possibilità di candidare l’attuale premier al Colle, al posto di Giorgio Napolitano. A maggio, infatti, il Parlamento dovrà eleggere il nuovo Capo dello Stato e Monti rappresenta la soluzione migliore per il centrosinistra: massima serietà, fama internazionale e, soprattutto, garantirebbe una sorta di consulenza sulle riforme che il prossimo governo si troverà ad affrontare. Tuttavia, il professor Monti sembra tutt’altro che orientato ad accettare questa opportunità.
A Porta a Porta, Bersani parla di economia e alleanze di governo. Sul primo tema, nega la patrimoniale, si trova d’accordo con Berlusconi per quanto riguarda la riduzione delle tasse per le imprese che assumono e annuncia la cancellazione dell’Imu per chi paga tra i 400 e i 500 euro. “Il mancato gettito – afferma – arriverà dai possessori di immobili del valore catastale superiore a 1,5 milioni di euro”.
È il tema delle alleanze, però, il più caldo. Prima di tutto, Bersani rivendica la sua candidatura, anche in caso di mancato raggiungimento della maggioranza assoluta al Senato: “Diventa Presidente chi prende più voti”, insiste. Inoltre, si dice abbastanza sicuro dell’asse con Nichi Vendola: secondo il segretario Pd, il leader di Sel rimarrà ancorato ai democratici anche grazie a una clausola da cui emerge che in caso di dissensi, avverrà una cessione di sovranità e si deciderà a maggioranza dei gruppi.
Eppure, alcune parole di Vendola lasciano intendere che un’eventuale avvicinamento ai centristi è da escludere. A SkyTg24 afferma: “Io sono alternativo a Monti. Il centrosinistra ha il diritto di governare senza ipoteche e badanti. Con Monti e Casini si collaborerà per la riforma dello Stato”. Dunque, collaborazione sì, alleanze no. Il governatore pugliese ribadisce l’impossibilità di trovarsi in una maggioranza condivisa con la Binetti. Sel e centristi, che si tenga a mente, sono e saranno sempre alternativi.
Veti di Vendola a parte, Bersani sancisce un ulteriore accordo: il “patto di consultazione” tra Pd e Psi che, come annunciato dal segretario socialista Riccardo Nencini, saranno uniti, ma autonomi. Molto più freddi, invece, i rapporti con Di Pietro e Ingroia. Il buon Pier Luigi ritiene un po’ troppo “radicalizzato” il primo e assai poco convincente il secondo. Bersani sull’ex pm di Palermo è quantomeno scettico: “Brandire il tema della legalità, in una maniera che non è coerente con la funzione di governo, non mi convince”.
Al momento, tutte le strategie politiche che si vanno delineando sono e resteranno piuttosto precarie. La composizione del Senato determinerà realmente le scelte politiche e la governabilità. È soprattutto per questo che Bersani lascia aperte diverse porte, prefigurando un eventuale governo di coalizione con il centro anche in caso di risultato pieno.
Ingroia, intanto, prosegue il percorso di crescita del suo movimento, Rivoluzione Civile, che accoglie anche l’ex grillino Giovanni Favia, non senza qualche polemica. Espulso dal Movimento 5 Stelle in seguito alla denuncia di scarsa democrazia interna, Favia è diventato improvvisamente un nemico di Beppe Grillo, che di certo non gradisce questa candidatura. Ingroia, però, getta acqua sul fuoco: “Non si tratta di un segno di ostilità verso il Movimento 5 Stelle – ha dichiarato – ma è il modo di accogliere le stesse battaglie”.
Beppe Grillo, invece, si trova nel bel mezzo della grana “Casa Pound” a causa delle parole pronunciate qualche giorno fa a Roma: “Se uno è di Casa Pound, ma ha i requisiti da noi previsti, io lo candido”. Un modo come un altro per affermare che, almeno in teoria, il suo movimento non nutre alcun pregiudizio nei confronti delle persone: “Se sono incensurate, non iscritte a un altro partito o movimento politico, se si riconoscono nel programma, per loro le porte sono e saranno sempre aperte. Non ci sono italiani di serie a o di serie b”.
Ben presto, però, scoppia la polemica sull’eventuale apertura del M5S ai fascisti. Gli stessi sostenitori del movimento accusano il proprio mentore di aver pronunciato qualche parola di troppo. Grillo si difende e sottolinea che sono tutti tentativi di “ghettizzare, contrapporre e mistificare ogni sua parola, catalogandola a proprio uso e consumo”. Probabilmente avrà anche le sue ragioni, ma lanciare simili ipotesi nel periodo storico in cui in tutta Europa l’estremismo di destra sta gradualmente tornando alla ribalta, può suscitare qualche brivido. Un consiglio a Beppe: incensurati oppure no, i neofascisti meglio lasciarli a casa, appunto.
(fonte immagine: http://www.rivieraoggi.it)