Lo spaghetti-western del “compromesso”
Campagna elettorale 2013: duello mediatico Monti-Berlusconi, mentre un Bersani da terza pagina sarà costretto al “compromesso”?
di Adalgisa Marrocco
Ci ha pensato Quentin Tarantino a descrivere in un’intervista i politici italiani, paragonandoli a personaggi da film western. Bersani come cattivo pistolero, Berlusconi pianista da saloon e Beppe Grillo “scemo del villaggio”. All’appello manca peró Mario Monti che, a voler seguire la linea metaforica tracciata da Tarantino, sarebbe il direttore di una banca texana, con un pallottoliere nella mano destra ed una pistola in quella sinistra, per proteggere il capitale da “incapaci” malviventi.
Per quanto pittoresche possano essere le descrizioni del regista pulp, certo è da ammettere che questa campagna elettorale ben poco si discosti dalla parodia di uno “spaghetti-western”, nemmeno troppo riuscita. I colpi in canna sono i soliti: ridurre la tassazione, ripulire la politica dagli impresentabili, portare l’Italia fuori dalla crisi. Discorsi quantomeno inflazionati che, diretti al cuore degli elettori, rischiano di diventare pallottole a salve.
Eppure la campagna elettorale del già visto e già sentito prosegue, trovando i propri pilastri mediatici in Mario Monti e Silvio Berlusconi. Bersani, sullo sfondo, tiene botta a modo suo.
Prosegue quindi l’offensiva di Monti, che ha fatto partire la campagna elettorale da Bergamo, incontrando circa 300 candidati di Scelta Civica. Lavori svoltisi a porte chiuse per la compagine del Professore, all’insegna di uno “stile non gridato, basato sui contenuti” come dichiarato dal tecnico ministro della Salute Balduzzi.
Stile certamente sobrio quello dei montiani, così sobrio da sembrare fin troppo d’élite. Segnali, come la presenza al meeting bergamasco di Luca Cordero di Montezemolo, ricordano che la lista di Monti altro non potrà essere che punto di riferimento per l’industria delusa dal berlusconismo e per determinate classi sociali. Chi “sale in politica”, non sembra poterlo fare per i più.
Intanto Monti, da par suo, assicura di voler “togliere l’Italia dalle mani degli incapaci”. Una dichiarazione d’intenti che a Berlusconi deve essere suonata come una diretta provocazione, a cui rispondere che se si parla d’incapaci, si parla di tecnici.
E che il Cavaliere soffra di sensi di colpa, lo si vede anche dall’indotta azione di “ripulitura” che il Pdl sta attuando tra le sue fila. Via Scajola e Dell’Utri dalla lista dei candidati: due simboli del trasversale morbo dell’impresentabilità che affligge la politica italiana.
“Se non fossi stato in politica, sarei in galera”, queste le parole di Dell’Utri, discordanti da quelle di Berlusconi che si batte il petto dispiacendosi delle epurazioni. Per Silvio, Dell’Utri&co. non sono altro che “persone ingiustamente perseguitate dai giudici”. Perseguitate come lui stesso, del resto. Peccato che lui però non si ritiri, nemmeno a prezzo di dispiacersene. D’altronde, se sei perseguitato un’immunità fa sempre comodo.
Al di là del giudizio morale, quello puramente strategico-politico (che per sua natura esclude la moralità) lascia giudicare le epurazioni pidielline come l’ennesima abile mossa propagandistica del Cavaliere. Berlusconi, esaminando (o facendosi esaminare) i sondaggi, ha constatato come ricandidare inquisiti ed indagati sarebbe costato circa 1 milione di voti in meno.
Insomma, a duellare mediaticamente in questo “spaghetti-western” elettorale sono ancora in due. Monti e Berlusconi riempiono pagine e schermi, lasciando la terza pagina ad un Bersani che si consola con gli onori delle percentuali e qualche piccola battuta.
Nelle ultime ore, il segretario PD ha diplomaticamente attaccato Monti, accusandolo (a ragion veduta) di “guardare l’Italia troppo dall’alto”. Ma se Bersani critica di facciata, a svelare con maggior sincerità il destino e le probabili intenzioni della coalizione è a sorpresa la sua “ala estrema”: Nichi Vendola. Il leader di SEL non apre ad alleanze col centro, ma si dice favorevole ad un “compromesso” con i montiani una volta in Parlamento.
E che ad avere ragione potrebbe essere proprio Vendola, si fa presto a crederlo. Volenti o nolenti, i numeri non saranno abbastanza per nessuno. Un Governo “mono-colore” non è per l’Italia, almeno in questo 2013.
(Fonte immagine: http://www.fanpage.it)