I Nobraino espugnano la Petrassi
Un sabato all’Auditorium di Roma, alla “scoperta” di un gruppo spettacolare e dell’inutilità dei sedili (a volte)
di Valentina Palermi
“Kruger, cosa ti aspetti dall’Auditorium di Roma?” – “Tanti sedili! Tantissimi sedili!!!“.
Poche ore prima dell’inizio del concerto sold out di Roma, l’associazione mentale di Lorenzo Kruger ai microfoni di Radio Rock forse non era stata ancora contagiata dall’entusiasmo bal-sano che ha rapito platea e galleria dell’Auditorium Parco della Musica.
I Nobraino sono noti per i loro live fisici, adrenalinici e incontenibili, ma l’incognita imprevedibilità è dietro l’angolo per questo quartetto rock di Riccione. Quattro album, un fitto passaparola e tanti concerti, e si ottiene una delle band rivelazione del panorama indipendente italiano.
Oltre a Kruger (voce), a Néstor Fabbri (chitarra), al Bartok (basso), al Vix (batteria) e all’ Aspirante Nobraino David Jr. Barbatosta (tromba, chitarra), qui sembra di sentir parlare tutti con accento marcatamente romagnolo, e le tante persone che mi circondano sembrano somigliargli, con le loro facce, barbe, cappelli, occhiali.
Chi li ha visti a Parla Con Me probabilmente è riuscito a farsi catturare dai personaggi delle loro canzoni d’autore, stereotipi e caratteri dipinti alla maniera di De Andrè con liriche ciniche e sarcastiche, ma piene di leggera poesia da Baustelle.
Con la loro “Ballata Stocastica” si presentano al pubblico, un po’ in sordina, le parole quasi contenute nelle profonde tonalità del cantante, che si perdono in un silenzio amplificato, rotto dal ticchettío delle bacchette, che dà il tempo per “Esca Viva”. Lentamente prendono confidenza con il palco e fanno i “marpioni” con la sala. Cinetici, anche quando Kruger solfeggia nell’aria le note de “Il Muro di Berlino” o si spinge fino al limite per scrutare l’orizzonte e chiedere “Ma c’è anche un piano di sopra?”.
Come prospettava, tanti sedili che “danno un fasstidio”, come i “posti davanti vuoti”, che esorta a riempire, in modo da assistere al meglio a “Il provino”, brano inedito per il quale invece gli “è stato suggerito di chiamarlo Sticasting”. Neppure dopo aver suonato la diamonica per “L’aviatore” e aver chiuso con i nuovi pezzi con “Il Bigamionista”, riesce a rassegnarsi alla vista della platea seduta: “’Sti sedili, perché??”.
“Chi non muore si rivede” cantano in “Cani e Porci”. Quindi “la prossima volta dobbiamo incontrarci da qualche altra parte”. Intanto continua a giocare, prima con il microfono e con un’asta impertinente, come fossero la bambola di “Nottambula”, poi con una sfera luminosa che fa volteggiare nell’aria, poi si stacca dalla teatrale composizione e scende tra il pubblico, aggirandosi selvaticamente come il “Bademaister” e raccontando un “Tradimentunz”.
Per andare un attimo in bagno Kruger aspetterà “Il Semaforo”, lasciando Néstor e Barba a fare gli onori di casa, mentre insieme agli altri eseguono un pezzo strumentale del Primus.
Al suo ritorno il pubblico non smette di parlare con loro, dall’alto della galleria o dal fondo del parterre, da cui proviene improvvisamente il suono di un paio di nacchere. “Chi è laggiù?” – “Una donna che sa suonare?” chiede provocatoriamente, per poi invitarla ad accompagnarli magari in un pezzo più tardi “..su Cecilia..Si faccia accompagnare signorina, o si butti. Stasera..si butti!”. Un’altra voce, quella della coscienza, parla poi sulle note de “Il Minotauro” e di “Narcisisti Misti”.
Parte la richiesta verso il pubblico di quale altro brano vogliano sentire, però premette “io non ho voglia di fare ‘Le Tre Sorelle’”. Vincono la “Ballerina Straordinaria” e “Titti di più”, forse l’ultima “visto che dite di aver pagato 15 euro, considerando 1 euro a pezzo… dovevate essere furbi e sparare un 25”. Goliardici e ironici, ma anche diretti e coscienti nelle note di “Mangiabandiere”, con il quale avevano già scosso il Concerto del Primo Maggio.
E poi tutti col naso all’insù, quando tra un “Film Muto” e la conquista della Sala Petrassi che sembra un “Bunker”, Kruger si fa spazio tra la gente (così sconvolgente che “di fronte a voi anche un bacillo trema”), sorretto dalle loro braccia, camminando, accucciandosi, e scivolando sulle/nelle/tra le poltrone e i braccioli.
Sembra finire così, a meno che “non fate un rumore che un posto come questo non abbia mai sentito per un bis dei Nobraino”. Scoppia un applauso fragoroso, accompagnato da fischi, urla e wowo, abbastanza perché tornino per il gran finale. Prima “Cecilia”, segue “Bifolco”. E come nella canzone, accade qualcosa di davvero “splendido”: via dai sedili, tutti in piedi, a ballare, cantare, in un crescendo di sana gioia nel rincorrere con gli occhi Kruger che alla fine ce la fa e raggiunge la galleria su “I Signori della Corte”.
E probabilmente perché l’Auditorium si è riempito di “semplici” ragazzi come loro, “che hanno bisogno di tanto affetto” e non che gli si battano “le mani a tempo”, oppure perché quella rappresentazione di vizi e virtù, di realtà e follia, che è andata in scena quella sera ben esorcizza la loro/nostra vita, salutano dicendo: “Voi siete il 6° Nobraino!”.
Brava! Bella recensione 😀
Grazie mille! Davvero lusingata 🙂