Ue vs Russia: scontro sui diritti umani
Un nuovo capitolo circa le divergenze politiche tra Bruxelles e Mosca
di Martina Martelloni
I difficili legami tra Ue e Russia, continuano a incontrare sassi appuntiti lungo il cammino. Dal tema dell’energia, a quello dell’intervento internazionale in Siria, per toccare poi l’argomento più delicato e sensibile: i diritti, civili e politici.
La storia infinita e profonda dell’Europa incrocia quella ancor più penetrante e vasta di Mosca. L’evoluzione del concetto dei diritti fondamentali dell’uomo ha subìto processi con tendenze temporali diverse. Oggi, in Russia, i fatti dimostrano che la coscienza collettiva è ancora frenata nel suo manifestarsi in difesa della propria dignità di popolo e di cittadini. I casi, come suddetto, sono diversi ma tendono tutti a riunirsi nell’unico nodo centrale: l’indifferenza e la chiusura verso nuove frontiere di libertà. Le cantanti Pussy Riot ne sono emblema, la giornalista Anna Politkovskaya, fedele alla verità, ne è stata la voce, l’avvocato Magnitsky, deceduto in carcere per negligenza medica nel 2009, ne è testimonianza.
L’operazione di democratizzazione in un Paese che mai, fino a due anni fa, aveva visto scendere nelle piazze e nelle strade fiumi di persone per protestare contro un governo che fin troppo si addentra nella loro capacità decisionale e nel loro futuro, viene coltivata dai singoli individui bisognosi di libertà.
Il loro presidente Putin, contestato da un’opposizione che è andata crescendo dopo le ultime tornate elettorali, ama descrivere tali cittadini come fomentati anti-governativi e incantatori dell’Occidente.
Questi stessi fatti, però, raccontano storie di chi continua con caparbietà a rivendicare i propri diritti nel proprio Paese. Di qualche mese fa la notizia dell’allontanamento, da parte di Mosca, di una grande agenzia statunitense il cui compito è incentivare e stimolare le ong presenti sul territorio.
La USAD è stata cacciata poiché politicamente scomoda. Da anni sostiene tutte quelle associazioni ed organizzazioni russe aventi fini sociali e che, da sole, verrebbero lasciate morire piano piano da un potere centrale che non finanzia attività estranee al suo interesse politico.
Dopo la legge anti-proteste siglata dal presidente Putin per zittire i manifestanti, contestatori del suo potere eterno ed accentratore, sembra continuare con fatica la dura salita al totale riconoscimento dei diritti civili e politici in Russia.
Nell’ultimo incontro tra i vertici delle istituzioni europee e la rappresentanza russa, avvenuto nel mese di dicembre, il tema dei diritti umani ha di fatto gelato il dialogo tra i due interlocutori, facendo rimanere sulle proprie posizioni entrambe le parti. L’Ue rimprovera il governo russo di censurare sistematicamente chiunque esprima le proprie opinioni; la Russia, dal canto suo, ricorda con un dossier le mancanze in terra europea riguardo alla libertà di pensiero.
Il gap tra Mosca e Bruxelles in tema di diritti umani è aumentato in seguito all’approvazione della nuova legge sulle organizzazioni non governative che operano in terra russa. Con tale provvedimento, le ong sono registrate come “agenti segreti”, in quanto così esse diventano più facilmente controllabili dal potere centrale e ciò è essenziale per evitare che fuoriescano elementi ed informazioni riservate e confinate in Russia.
La voce di chi opera in queste organizzazioni di supporto, ascolto e difesa dei diritti, non può sottostare e sottacere, considerando che il loro lavoro e la loro vita si svolge proprio nel Caucaso per i cittadini russi. Non c’è spionaggio o infiltrazione, ma solo lotta per il riconoscimento delle fondamentali libertà. Un’attivista di cittadinanza russa, Lyudmila Alkseeva con decisione urla la sua posizione, che poi è quella di tutti coloro che si battono contro un sistema accentratore ed occultatore di diritti: “Non sono certo un’agente straniero, io opero per i cittadini russi e per le loro libertà”.