(In)quieti paradisi oscuri

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Dark Paradise:  uno Sturm und Drang post-contemporaneo che comprende i lavori di Antony (Antony and the Johnsons) e della “sacerdotessa” Patti Smith

di Alessia Signorelli

fonte immagine: http://artonair.org

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La Clocktower Gallery di New York, fondata nel 1972 da Alanna Heiss, e luogo ideale per sperimentazioni seminali, storico spazio d’arte alternativa e alternativo esso stesso, ospita “Dark Paradise”, non tanto una “semplice” mostra, quanto, piuttosto, una rilettura corale, teatrale quasi, di una delle tematiche d’arte più esplorate, ma, al tempo stesso misteriose e controverse: il paesaggio.

Sei gli artisti coinvolti, tra cui spiccano i nomi di Antony Hegarty (il poeta/cantante/entità mistica degli Antony and the Johnson, fautori di atmosfere sature di una malinconia catartica e straziante; se non li conoscete già, mettetevi subito alla ricerca dei loro lavori) e quello di Patti Smith (che, diciamocelo, non credo proprio abbia bisogno di presentazioni. In caso contrario, dove avete vissuto,fino ad ora?).

La tematica esplorata, come già accennato, è quella del paesaggio, attraverso fotografie, video, dipinti e contaminazioni di diversi medium artistici; un paesaggio al quale viene restituita tutta la potenza romantica delle origini, lontana anni luce da quella mollacciona e stucchevole idea che, per colpa di imbastardimenti vari, abbiamo, ahinoi, del termine “romantico”.  Ed eccoli, quindi, i “paradisi oscuri” raccontati da Antony, Patti, Zipora Fried, Nancy Holt, Joan Jonas e Thiago Rocha Pitta (il più giovane della compagnia, essendo nato nel 1980).

fonte immagine: http://artonair.org

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Un insieme di visioni che, però, si ritrovano tutte sotto l’egida del “ritorno”, della “restituzione”, del “sacro”. La presenza dell’uomo si fa, nelle opere esposte, impalpabile, fantasmatica e, ai paesaggi scelti e ritratti, viene restituito il senso non solo del trascendentale, ma anche quello del “meraviglioso”, dell’ “invincibile” che ha, da sempre, caratterizzato i dipinti di un maestro del Romanticismo quale Caspar David Friedrich. Ci troviamo, quindi, davanti ad un nuovo tipo di “romanticismo”, dove gli artisti selezionati ci mostrano la loro rilettura del paesaggio che, comunque la si voglia mettere, influisce sull’uomo e dall’uomo è, a sua volta, influenzato.

Si restituisce, inoltre, la “bellezza dell’oscurità”, intesa come luogo di ombre liminali, dove l’esperienza si spoglia del quotidiano, dell’umano, e si intinge nei colori cupi dell’interiorità, della riflessione, di una sorta di ritrovato “sciamanesimo” , tramite il quale si esplora anche la paura, ingenerata dal silenzio, dalla vastità, dalla quiete e dalla possibilità.

Le opere, che vanno dai video di Thiago Rocha Pitta e di Joan Jonas, alle fotografie mescolate al dipinto di Zipora Fried, alle fotografie scattate da Patti Smith nel 1981, durante un viaggio nella Guiana Francese, incentrate sulle rovine di prigioni ed edifici militari, ai collages e disegni di Antony, passando per i fermo immagine tratti dal suo video del 1975 Pine Barrers (e per l’occasione tramutati in fotografia) di Nancy Holton, mostrano uno spettro percettivo personalissimo e profondo, un angolatura sbieca, a tratti selvaggia; il video di Joan Jonas “Merlo”, proprio in italiano, ne è un esempio lampante: avvolta in un mantello scuro ed incappucciata, l’artista, avvalendosi di un megafono, canta melodie ed emette suoni, come in un rituale di forza ed abbandono ad animali totemici.

C’è poesia nell’oscurità e c’è ancora più poesia nella quiete selvaggia, forse per certi versi preclusa all’occhio umano troppo calato nella realtà, di questi “paradisi” inquietanti ed inquieti, dove eredità artistiche quali quelle di rimbaudiana memoria, tanto care alla “sacerdotessa madre” del rock –una definizione striminzita, in realtà – Patti Smith, e riletture ctonie ed oniriche si uniscono per creare un gigantesco “portale” verso un mondo “altro” eppure intorno a noi.

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