Matrimoni gay: dopo la Francia tocca al Regno Unito?
Otremanica la Camera dei Comuni approva un primo testo favorevole alle unioni tra omosessuali. David Cameron: “La nostra società sarà più forte”
di Martina Martelloni
Dopo quel temuto annuncio sul referendum popolare per sottoporre i cittadini inglesi al fatidico ed angosciante quesito sulla permanenza nell’Unione Europea, il premier David Cameron allenta la cravatta del rigido moralismo dottrinale e stupisce l’Europa, Italia in primis, sull’approvazione del Marriage Bill.
La culla della democrazia nel Vecchio Continente lo scorso 5 febbraio ha dato ancora una volta esempio di avanguardia e dignità. La Camera dei Comuni ha spinto in avanti il processo d’approvazione legislativa che farà dell’atto che legalizza i matrimoni gay una legge reale con i suoi diritti e doveri. L’ultimo avvallo spetterà alla Camera dei Lord il prossimo maggio e poi di nuovo giro di boa e ritorno alla Camera dei Comuni per una seconda fase di votazione.
Assumersi decisioni e responsabilità di tale calibro non è cosa che ogni leader è in grado di fare. Cameron, conservatore convinto, è proprio in nome e nel valore della sua fede politica ed ideologica che intende fare del matrimonio un diritto assoluto per tutti e tutte. Onore dunque all’unione sacra e ad un giuramento preso di fronte alle Istituzioni civili e religiose.
I suoi colleghi Tories, non sembrano aver totalmente abbracciato serenamente l’apertura del governo. La votazione finale di tutti i members of parliament ha visto un faccia a faccia tra favorevoli e contrari, con 400 sì e 175 no. Internamente all’ala conservatrice lo spartiacque è stato decisamente più ombroso e tagliente, considerando che dei 300 Tories membri del Parlamento inglese, ben 139 hanno detto ‘no’ al Marriage Bill rispetto ad un comunque ampio e lodevole 132 di voti positivi.
Dalla parte dei Labour sono stati circa 22 i contrari all’atto riformativo: netta quindi la maggioranza a favore della legalizzazione. Con questo balzo in avanti l’Inghilterra raggiunge Paesi quali Spagna, Paesi Bassi, Norvegia, Portogallo, Islanda, Danimarca, Svezia, Finlandia e dal 2 febbraio Francia (leggi anche: ‘La Francia dice ‘sì’ ai matrimoni gay‘). Questo in Europa, perché nel mondo si raggiunge quota 14 Paesi (non che sia questo un numero soddisfacente) nei quali sposarsi, senza distinzione di sesso, è qualcosa di più che legale, è riconosciuto e, soprattutto, rispettato: Stati Uniti (in ben 9 Stati), Messico, Canada, Argentina, Sudafrica. In ognuno di questi ordinamenti, vige regolamentazione diversa, che con le proprie peculiarità dispone una più o meno ampia apertura alle unioni omosessuali.
Torniamo nell’isola di Dorian Gray perchè non sono mancate, scioccamente, le polemiche a riguardo anche e soprattutto in chiave politica. Ma è qui che il Primo Ministro inglese ha dato modo di calmare i dissapori ed alleviare le frecciate, dichiarando semplicemente che tale atto “renderà la nostra società più forte”. Questione di scelte dunque, scelte che cambiano un Paese per renderlo maturo, forte e stabile ai venti dell’indifferenza e dell’omofobia che negli ultimi anni, complice e causa la crisi economica e sociale, si è fatta carne ed ossa in molti Paesi europei.
Ad affiancare con convinzione le parole di Cameron anche il ministro degli Esteri William Haugue, il ministro dell’Interno Thersa May e il capo ministeriale delle finanze George Osborne. Tre conservatori dalla assennata e forsennata certezza della decisione presa proprio perché di schieramento Tories, partito che dagli albori sventola lo stemma del Matrimonio come vincolo da tutelare e proteggere. Negarlo sarebbe contraddittorio.
Si tengano calmi gli animi, per ora non si può ancora parlare di legge, ma quando avverrà, tale normativa consentirà alle coppie di gay di poter consacrare la loro unione anche in ambienti religiosi, a patto che questi approvino. Tassello in bilico è proprio la natura volontaria dell’atto religioso da parte delle istituzioni. Anno d’avvio il 2014, la società inglese dimostra di essere in larga parte favorevole alla legalizzazione, ed è proprio per questo, che il massimo rappresentante Cameron non poteva non ascoltare le voci dei suoi primi consiglieri decisionali: i cittadini inglesi.