Promised Land
Matt Damon e Frances McDormand interpretano due agenti di vendita di una grossa società estrattiva alle prese con una comunità caratterizzata da un’inamovibile determinazione
di Federico Larosa
Steve Butler (Matt Damon) è un agente di vendita di una grossa società estrattiva, attiva nel campo del gas naturale, le cui certezze relative alle finalità del suo lavoro entrano in crisi quando è costretto a misurarsi con un gruppo di individui di una piccola città colpita, come tante altre, dalla crisi economica. Capitanati dall’insegnate Frank Yates (il candidato all’Oscar Hal Holbrook), i membri della comunità, inizialmente ben disposti nei confronti di Butler e della sua collega Sue Thomason (la vincitrice dell’Oscar Frances McDormand), cominciano ad interrogarsi sulla pericolosità della pratica estrattiva. L’arrivo di Dustin Noble (John Krasinki), uno scaltro attivista per la tutela dell’ambiente, complica ulteriormente le cose e quello che sembrava un lavoro facile si trasforma per i due agenti, e la loro compagnia, in uno spinoso rompicapo…
Gus Van Sant dirige, in maniera piuttosto impersonale, Promised Land, una storia scritta a quattro mani dagli attori Matt Damon, che avrebbe anche dovuto dirigere il film ma ha poi rinunciato per i troppi impegni lavorativi, e John Krasinski che, a proposito della storia, ha affermato: <<È un racconto ricco di emozioni di quello che accade quando persone reali e denaro reale entrano in collisione e dei modi sorprendenti in cui la gente reagisce quando delle decisioni gravi ostacolano il suo percorso>>.
Promised Land, in competizione al 63° Festival di Berlino, tenta di riflettere sull’evoluzione dei valori americani e lo fa attraverso il personaggio interpretato da Damon, una volta semplice ragazzo di provincia e ora uomo d’affari in carriera che cerca di portare un po’ di benessere alle comunità americane piegate dalla crisi economica, per evitare loro la stessa decadenza di cui è stato protagonista nel proprio passato. Si tratta dunque di un personaggio positivo che metterà in dubbio il suo “credo” e gli ordini della multinazionale per cui lavora rendendosi conto del fatto che, nello scontro tra benessere economico e interessi della salute, non possono esistere compromessi di sorta.
Gli autori del film insistono sul carattere genuino della storia e dei personaggi che però, a conti fatti, si trasforma in una semplicità ed ingenuità di personaggi e situazioni che stona con la realtà e alle quali si finisce per non credere sebbene incastonate in un film godibile e che si lascia guardare malgrado non sia particolarmente originale.
Ottime le musiche, sia a livello di score (le musiche originali sono composte da Danny Elfman) sia di soundtrack con brani di musica country di Emmylou Harris, Kris Kristofferson e Hank Williams, e l’ indie folk dei The Milk Carton Kids.