NBA: basta la parola, è All-Star Game!
Tre giorni di feste e temi scottanti mentre si festeggia Air Jordan
di Stefano Brienza
Twitter: @BrienzaStefano
La NBA si avvia a regalare al mondo quello che è senz’altro l’evento più divertente e scanzonato dell’anno. Una tre giorni che piace soprattutto ai più giovani e a chi si annoia a vedere difese concentrate e schemi chirurgici, ma anche una serie di competizioni in continua evoluzione per far sì che le strategie di mercato dei piani alti si compiano al meglio.
L’All-Star Weekend vive ogni anno di novità e polemiche, e non potrebbe essere altrimenti visto che per qualche giorno raccoglie in una città tutti – o quasi – i migliori cestisti del pianeta, tutti insieme, a disposizione dei fan e dei giornalisti. I temi si accavallano, e dopo 50 partite le critiche o gli elogi a squadre e/o giocatori iniziano ad assumere una concretezza decisamente ficcante.
Succederà per Dwight Howard, scelto come titolare dal voto dei tifosi insieme al compagno Kobe Bryant, nonostante i Los Angeles Lakers siano ancora ben lontani da un posto per i playoff ed il suo rendimento ben lontano da quello sperato. Capita persino a Lebron James, nonostante una stagione oltre i limiti della realtà, nella quale ha deciso di battere qualche record relativo alla percentuale dal campo (sei partite di fila con 30+ punti e almeno il 60% al tiro).
Infatti tal Michael Jordan, che compierà 50 anni tondi nel giorno della partita dei fenomeni, ha in settimana asserito che preferisce ancora Kobe a Lebron: e giù chilometri di inchiostro, per una questione che risposte non ne ha.
Discussioni ovviamente anche per le convocazioni. Arriva dall’Italia qualche lamentela per la scelta di Aldridge su Gallinari, ma la verità è che il Gallo ha giocato da All-Star solo nell’ultimo paio di mesi, mentre il lungo di Portland è più costante, più determinante e soprattutto ha uno status già consolidato. Per Danilo la delusione dovrà essere solo un motivo per migliorarsi ancora, e se si confermasse sui recenti livelli anche nei playoff e l’anno prossimo, il sogno di un italiano nella gara dei migliori ha serie chances di avverarsi.
Al posto di Rondo, che rivedremo la prossima stagione (e chissà in quali condizioni), è stato chiamato Lopez. Prima volta per lui e per altri 5 della Western Conference: George, Holiday, Irving, Chandler e Noah, mentre ad Ovest debutta Harden, il nuovo re di Houston. Nella città texana, ospite del suo terzo ASG, una sfida East-West lunga tre giorni.
Questa sera sarà la volta di Team Chuck e Team Shaq, due roster di giovani che, soppiantando la partita Rookies-Sophomores, sono stati scelti da Barkley ed O’neal, opinionisti-giullari di ESPN senza alcun bisogno di presentazioni cestistiche. Sarà l’occasione per ammirare i prospetti più interessanti, come Irving, Davis, Rubio, e Lillard, ma soprattutto per farsi quattro risate.
L’All Star Saturday propone la Shooting Stars Competition, divisa geograficamente con quattro squadre (facenti capo a Westbrook, Harden, Bosh e Lopez) ed apprezzabile giusto per la presenza di campioni anni ’90 come Horry, Cassell, Bogues e Wilkins. A seguire lo Skill Challenge, la sfida dei playmaker, e poi via con i piatti forti.
La gara del tiro da tre presenta George, Irving e Novak, lo specialista dei Knicks, per l’Est; Anderson, Curry e Bonner (storico tiratore degli Spurs) per l’Ovest. Anche lo Slam Dunk Contest vivrà di questo dualismo.
Evans di Utah è campione in carica, e competerà per la finale contro Faried e Bledsoe, che interpreterà il classico ruolo del “nano da circo” inventato da Spud Webb e ritirato fuori, per ultimo, da Nate Robinson. Ad Est due schiacciatori puri come Gerald Green e l’ex Pesaro e Sassari James White, nonostante i pochissimi minuti giocati in stagione. A chiudere il rookie di Toronto Ross.
E poi, domenica, l’All-Star Game vero e proprio. Nel giorno dei 50 di Jordan, chissà chi delle tante leggende vorrà fargli una dedica particolare. Sarà ancora Kobe vs Lebron? Non chiedete spettacolo a Garnett, che ha dichiarato cripticamente che questo sarà il suo ultimo ASG, né a Duncan, mai amante della partita delle stelle. I vecchi leoni apprezzeranno i voli di Griffin, mentre già, sotto sotto, pensano ai playoff.