Impara dall’arte e non metterla da parte
Sono almeno 10 le “buone ragioni” per cui insegnare le arti ai bambini significherebbe molto più che “imparare ad apprezzare il bello”
di Alessia Signorelli (@signorellialexa)
La fonte è il Washinghton Post, che, qualche giorno fa, ha riportato la teoria dell’autrice, giornalista, educatrice ed esperta d’arte Lisa Phillips, secondo la quale, insegnare ai bambini le arti (pittura, scultura, ma anche e soprattutto la danza ed il teatro), sarebbe di fondamentale importanza per fare di loro degli studenti e degli adulti di successo.
Per la Phillips, infatti, l’impegno in attività artistiche, per i bambini, si riverserebbe anche nella vita di tutti i giorni perché contribuirebbe a creare delle competenze vitali per riuscire nella vita, in un “mondo sempre più dominato dall’area destra del cervello”.
Sempre riprendendo il pensiero della Phillips, il Washinghton Post elenca questa “top ten”, che vede al primo posto, manco a dirlo, la creatività: i bambini, quando stimolati a fare un disegno, comporre una canzoncina, o “recitare un monologo in 6 modi differenti” , si troveranno poi, nel corso della loro vita, a trovare il ricorso alla creatività un qualcosa di naturale. A seguire, troviamo la fiducia in sé stessi, che si può acquisire calcando le scene, in quanto, “fare teatro” costringe i piccoli (ma anche i grandi; se volete fare un’esperienza antropologica interessante, andate a vedere un paio di corsi teatrali per adulti) ad uscire dai propri confini sicuri per fare dei passi verso l’incerto. E per lasciarsi andare e fare un salto nel buio, ci vuole una buona dose di confidenza in sé stessi e nelle proprie capacità.
Al terzo posto di questa classifica, la Phillips mette la capacità di risolverei problemi, o “problem solving”, come si dice adesso, che si va a riallacciare al discorso della creatività e a quello del teatro; lo sviluppo del “pensiero laterale” è, in molto situazioni, l’ingrediente indispensabile per uscirne tutti interi. Il quarto posto è saldamente tenuto dalla perseveranza. Se c’è una cosa che l’arte, in modo particolare l’imparare a suonare uno strumento, insegna, è la perseveranza. E, in tempi come i nostri, di perseveranza, ce ne vuole. A metà di questa “top ten kit di sopravvivenza per i vostri figli” c’è la concentrazione, seguita, al sesto posto dalla comunicazione non-verbale, abilità che i piccoli possono imparare a padroneggiare imparando la danza e praticando il teatro (di nuovo).
Al settimo c’è una capacità che in molti dovrebbero “imparare”, ossia, quella di accettare i feedback – ovviamente costruttivi e sensati. Nel momento in cui un bambino riceve un feedback costruttivo, relativamente al suo “stare in scena”, o a qualcosa da lui creato, non solo questo contribuirà a rinsaldare la sicurezza in se stessi e la perseveranza (vedete, tutto torna e tutto quadra), ma farà in modo che il bambino sia in grado, in futuro, di essere egli stesso un “erogatore” di feedback costruttivi. All’ottavo e nono posto troviamo rispettivamente, il senso di collaborazione, vitale quando, ad esempio, si lavora tutti insieme a mettere insieme una performance teatrale o una coreografia – e quindi, si impara a capire il punto di vista dell’altro, a ragionare non solo per se stessi ma per il gruppo, piccolo o grande che sia, nel quale si è inseriti, affinché si raggiunga tutti, nel modo migliore, l’obiettivo finale, e la dedizione (che fa coppia con la perseveranza) che metterebbe i bambini in un’ottica proiettata verso il mondo del lavoro (arrivare in orario alle prove, ad esempio) e della responsabilità verso gli impegni presi.
A chiudere c’è l’affidabilità; lavorando in gruppi, i bambini imparerebbero ad analizzare come le proprie azioni e quelle altrui si influenzino vicendevolmente e siano a loro volta intra-influenzate, oltre, ovviamente, ad affrontare l’idea di sbaglio (l’errore, lo sbaglio, per molti pedagogisti, è uno snodo importante: non bisogna fuggire da o negare gli errori, ma analizzarli e da questi ripartire, tenendoli sempre a portata di mano come elementi di discrimine nelle proprie azioni) e, nuovamente, della responsabilità, questa volta in senso “empatico”.
Ovviamente, ognuno di questi elementi è strettamente connesso ed è una conseguenza dell’altro, in un loop inscindibile.
La Phillips, partendo dall’idea che, nella nostra società, le scuole siano soprattutto preoccupate ad insegnare ai ragazzi competenze più “tecniche e scientifiche”, ha deciso, con questa sua classifica, di dimostrare quanto, in realtà, le arti non siano solo qualcosa in grado di stimolare il “semplice” senso estetico nei bambini o rappresentino un momento di “svago”, ma, bensì, rappresentino una palestra, un terreno di gioco e di vita che aiuterebbe i piccoli a diventare, si spera, degli adulti più consapevoli (“grandi” permettendo).
Una risposta
[…] La settimana scorsa, vi avevamo parlato di come, secondo Lisa Phillips, le arti fossero uno strumento imprescindibile per aiutare i bambini ad acquisire abilità fondamentali per la loro vita da adulti, studenti e lavoratori. […]