Basket NBA: un All Star Game dalla punta amara
Grande spettacolo con i ventenni alla ribalta, ma la Lega saluta Jerry Buss, proprietario dei Los Angeles Lakers
di Stefano Brienza
Twitter: @BrienzaStefano
L’appariscente parentesi di tre giorni nel bel mezzo della stagione volta a mettere in mostra i migliori atleti del mondo tutti insieme, al secolo l’All Star Game NBA, si è consumato nello scorso weekend al Toyota Center di Houston. Una manifestazione dal volto giovane e ricca di protagonisti, che però, il giorno dopo, si porta dietro una punta di dolore.
È arrivata infatti la notizia della scomparsa di Jerry Buss, icona del mondo imprenditoriale americano, vincitore di 10 anelli in 34 anni nella veste di proprietario dei Los Angeles Lakers. Una figura di primissima importanza nella storia dello sport USA, spesso controversa e sempre al centro dell’attenzione, spentasi ad 80 anni per un tumore. Da Magic a Kobe, passando per le Sparks della WNBA (due titoli anche con loro) e l’hockey, il suo nome verrà ricordato negli anni a venire. Fu già introdotto nella Hall of Fame tre anni or sono: da ieri, Twitter è pieno di condoglianze provenienti da fans e divi dello sport.
Tanto addolorante quanto pronosticabile visti i recenti ricoveri, la morte di Buss getta un velo nero su un All Star Game molto apprezzabile. Nella partita dei giovani del venerdì, Team Shaq – Team Chuck, la classe superiore di Kyrie Irving (32) è stata superata solo dai 40 di Kenneth Faried, ala dei Nuggets e vincitore dell’MVP. Il suo Team Chuck domina 163-135, in una gara come sempre molto allegra, con concetti difensivi decisamente più vicini al woodstockiano “peace and love” che al classico “no blood, no foul”.
Irving però si vendicherà, vincendo il Three Point Shootout della sera successiva. Batte di un punto il favorito specialista Novak per entrare in finale, dove tira fuori uno splendido 23 e regola l’altro tiratore scelto Bonner di tre lunghezze. Per il giovane australiano una tre giorni da ricordare, nella quale debutterà anche alla partita dei grandi con 15 punti.
Al solito, a catturare di più l’occhio è lo Slam Dunk Contest. La matricola di Toronto Terrence Ross crea, merita e trionfa, con due-tre schiacciate davvero degne di nota. Battuto in finale il campione in carica Evans, sempre molto fantasioso, ma da applausi anche lo stesso Faried – che si conferma uno dei giovani più interessanti della Lega – e Green. Delude James White che ha seri problemi a completare i suoi tentativi, troppo teso per una competizione del genere nonostante le capacità e le numerose affermazioni in campionati minori.
Chris Paul ha invece vinto il suo primo premio di MVP dell’All Star Game, realizzando 20 punti e 15 assist nella vittoria della Western Conference per 143-138. A decidere la gara, oltre ad una sua tripla, i soliti noti: l’East è sotto e James prende in mano la squadra nei possessi finali, ma in uno scatto d’orgoglio Bryant lo stoppa due volte lanciando Durant, miglior marcatore con 30 punti (26 e 12 per Anthony), e la propria squadra.
È lo stesso Kobe, commentando il celebratissimo 50° compleanno di Michael Jordan, a far riflettere sulla nuova generazione che avanza, con tante leggende al crepuscolo ed il saluto a Jerry Buss: “Il tempo vola. Mike ne fa 50, questo è il mio 17° anno, 15° All Star Game. Dov’è arrivato il gioco?”.
Bryant, Duncan, Garnett, Kidd, Nash: godiamoceli finchè siamo in tempo. Potrebbero rimanerci solo un paio di mesi…