Una matassa imbrogliata
Nella nuova Tangentopoli che sta scuotendo l’Italia, lo scandalo del Montepaschi diventa ogni giorno sempre più torbido
di Alessia Ricci
Quella del Monte dei Paschi di Siena è una vicenda complicatissima, i cui contorni iniziano a delinearsi oggi, ma le cui linee di fondo emergeranno a fatica.
Il caso della banca senese ci riporta indietro nel tempo fino agli anni di Tangentopoli.
E l’accoglienza riservata all’ex Presidente Mussari all’arrivo in Procura a Siena a rappresentare il filo rosso con gli anni 90; “Mussari come Craxi” hanno titolato in molti.
Al posto delle cento lire del ’93, oggi sono le monete da due centesimi a cadere ai piedi di un Mussari pallido e con la testa china. Mentre Craxi affrontò la folla per dare l’impressione di fronteggiare la sentenza popolare, il banchiere rampante non accenna nessun tentativo di reagire agli insulti, di affrontare la sfida.
L’ex presidente di Mps e Abi è indagato per manipolazione del mercato, truffa, ostacolo alla vigilanza di Consob e Bankitalia, falso in prospetto. Fu proprio lui ad avallare l’acquisto di Antoveneta ad un prezzo spropositato, inoltre, conosceva i contatti capestro del derivato Alexandria con Nomura, nascosto nella cassaforte di direttore generale Antonio Vigni.
Intanto, dalle indagini svolte sta venendo fuori un giro d’affari che coinvolge sempre di più i vertici di Mps. Il Gip di Milano ha convalidato il fermo per Baldassarri, l’ex manager dell’area finanza del Monte dei Paschi di Siena, denominato il capo della “banda del 5 per cento”, e ne ha disposto la misura cautelare in carcere. Per i pm esisteva un serio pericolo di fuga con conseguente inquinamento delle prove.
Giunge anche il rapporto della Consob. Quest’ultima pare abbia riscontrato una manipolazione del mercato da parte di Mps. Dall’esame dei documenti – dichiarano i responsabili Consob – affiorano elementi sulla base dei quali si rende opportuno riferire alla Procura di Siena che potrebbe essere configurabile il reato di manipolazione del mercato, secondo il disposto dell’articolo 185 del decreto legislativo n. 58/1998, uno dei reati finanziari più gravi per la trasparenza del mercato borsistico.
Le accuse, in particolare, fanno riferimento a condotte tenute da esponenti della Banca nella organizzazione di un’operazione di consolidamento patrimoniale per l’acquisto di Banca Antonveneta e alle informazioni riguardanti il patrimonio di vigilanza e i coefficienti patrimoniali di Banca Mps presentate nella relazione semestrale al 30 giugno 2008. Nel mirino dei magistrati rientrano pure i presunti accordi tra il PD senese e il coordinatore nazionale del Pdl Denis Verdini. Posti nei consigli di amministrazione e finanziamenti a imprese amiche in cambio di desistenza nei rapporti fra maggioranza e opposizione, queste le accuse secondo la procura.
Le complicazioni non finiscono qui; uno scandalo nello scandalo è rappresentato dal fatto che nella crisi del colosso bancario italiano potrebbe aver giocato un ruolo anche il Vaticano. Stando a quanto dichiarato da un anonimo testimone ad un giornalista del Corriere della Sera, allo Ior, si sarebbero svolte “importanti e delicate riunioni per la costruzione dell’operazione Antonveneta”.
Secondo gli inquirenti almeno una parte dei proventi della compravendita di Antonveneta da parte di Mps sia transitata nello Ior per finire poi su un conto della Banca del Fucino (un istituto che ha forti legami con lo Ior), intestato allo stesso istituto vaticano, ma che ormai risulterebbe chiuso.
L’ipotesi al vaglio degli inquirenti è che sulla vendita sia gravata una “mazzetta”. Una parte della presunta tangente pagata da Mps per acquisire Antonveneta, ad un prezzo incredibilmente fuori mercato, sarebbe poi transitata per il Vaticano.
Dal canto suo, il Vaticano, nella persona del direttore della Sala Stampa padre Federico Lombardi, ha fermamente negato che “dirigenti del Montepaschi abbiano avuto possesso di fondi presso lo Ior”, così come aveva già escluso l’ipotesi che presso lo stesso si fossero tenute riunioni che avessero per oggetto la vendita di Antonveneta a Mps.
Oggi sono ormai in molti a sostenere che il Monte dei Paschi di Siena dovrebbe essere nazionalizzato. Non si tratterebbe di una problema di scelta politica ma di pura aritmetica finanziaria.
La nazionalizzazione potrebbe diventare una necessità per evitare il fallimento della terza banca italiana e tutelare il risparmio dei suoi sei milioni di correntisti.
Il vero problema del Monte dei Paschi di Siena non è solo quello di essere stato fortemente condizionato dalla politica, ma piuttosto – a parte eventuali responsabilità personali dei manager per reati e frodi – di avere giocato con i derivati per coprire i suoi debiti dovuti a ambizioni di gigantismo.
(fonte immagine: mercatoliberosiena.blogspot.com)