Be foolish, ascolta Aguirre
Intervista alla band romana che si è esibita sul palco del Festival della Creatività 2013
di Valentina Palermi
In principio fu l’associazione Createca, con l’organizzazione del primo Festival della Creatività a Verona, circa trenta anni fa. Poi diverse interpretazioni ed enti hanno portato quest’iniziativa in giro per l’Italia, dalla Toscana al Nord-Est, fino al Lazio.
Proprio a Roma, nella Sala delle Vasche dell’ex-mattatoio di Testaccio, si è appena concluso un fitto calendario di eventi – ad ingresso gratuito – racchiuso sotto il nome di Festival della Creatività 2013. L’opening di venerdì 8 febbraio ha inaugurato FACTORY, il nuovo Spazio Giovani di Roma Capitale, per dare fino a ieri, domenica 3 marzo, voce, spazio e visibilità allo spettacolo, tra cinema, arte, teatro e musica.
Dopo aver battuto il capoluogo laziale e parte dello Stivale con un progetto nato nel 2005, ma pronto a farsi vedere live solo da poco più di un anno a questa parte, lo scorso 23 febbraio sono saliti sul palco gli Aguirre. Romani e con un disco autoprodotto e autodistribuito digitalmente – “messaggio promozionale: lo trovate su iTunes (oltre che ai nostri concerti)” –, a Giordano De Luca (voce, piano, chitarra), Stefano Switala (chitarra, tastiere), Martino Cappelli (chitarre e strumenti a corde vari), Alice Salvagni (basso) e Davide Switala (batteria) piace “l’idea del musicista come una specie di Don Chisciotte che si scaglia contro i mulini a vento”, seri in quel che fanno – ma senza prendersi troppo sul serio –, perché “anche l’ironia è presupposto fondamentale di questo progetto”.
Oltre a essere il nome di una via di Buenos Aires piena di negozi di dischi, AGUIRRE – “si pronuncia AGHIRRE – è un omaggio doppio: a un film di Werner Herzog e al personaggio storico cui il film stesso si ispira, un folle conquistatore spagnolo morto sul Rio delle Amazzoni durante una sconsiderata ricerca dell’Eldorado a bordo di una zattera. I motivi di questo omaggio sono molteplici: uno di questi è sicuramente la follia dell’impresa, che può essere in qualche modo paragonata a quella di chi oggi sceglie di fare musica, dischi e concerti nel circuito indipendente e senza troppi compromessi”.
Hanno girato tra manifestazioni, locali e luoghi che per loro significano “casa”, fino ad essere riconosciuti come parte delle tendenze artistiche contemporanee: “una piccola conferma e un tassello importante nella costruzione di un percorso artistico – un mix di rock, pop, new wave, psichedelia e cantautorato italiano caratterizzato da testi graffianti e surreali – il cui scopo è quello di proporsi al pubblico. Chi fa musica ha evidentemente la necessità e la voglia di esprimersi e di comunicare; il fatto che questa istanza venga recepita e accolta all’interno di contesti come il Festival della Creatività è molto positivo”.
Un format grazie al quale “l’interdisciplinarietà nell’arte può e deve essere praticata!”, sostenuta dalle istituzioni (in questo caso il comune di Roma) che “riqualificano spazi inutilizzati per metterli a disposizione della cittadinanza e di attività di questo tipo, in una città dove il grande fermento culturale rischia di dissiparsi a causa per la carenza di contesti che possano permettere agli artisti di farsi conoscere”. Un contenitore che non ti fa sentire come un prodotto, ma piuttosto in cui “scambio, contaminazione e collaborazione sono la linfa vitale della comunità artistica che si unisce e si compatta per acquisire forza e impatto maggiori”.
La “polivalenza degli spazi” va a braccetto con le molteplici opportunità per sempre più artisti, oltre che per “l’arricchimento per i fruitori”: ad esempio “può accadere che abituali frequentatori di concerti rock si trovino davanti ad altri mondi a cui magari non hanno dedicato attenzione in precedenza, come quello teatrale (e viceversa!)”. Una “concentrazione”, fatta di “sana confusione”, che “può fungere anche come elemento di aggregazione”. Ma attenzione: “si alla quantità, ma con un occhio sempre attento alla qualità”.
Scesi dal palco del Festival della Creatività, gli Aguirre ora vogliono dedicarsi “un po’ al lavoro in studio”, dopo “un anno dedicato ai concerti e alla promozione del nostro primo disco”, ma che li ha aiutati “a trovare una nostra identità come ensemble”. Sono già concentrati sul prossimo lavoro, più corale del precedente viziato forse dalla provenienza da esperienze diverse, per “trasformare queste diversità in una risorsa”. Stuzzicati dalle imprese folli hanno in mente “un disco tutto suonato ‘live’, magari registrato su nastro in analogico e stampato in vinile. Anche per onorare il nostro nome… un’idea molto romantica del concetto di disco, forse un po’ antistorica. Ma chi se ne importa!”
Gli Aguirre non abbandonano il palco, statene certi. “Per seguirci venite a trovarci sulla nostra pagina Facebook. Li tutte le novità, gli aggiornamenti” e i video, come “Il sogno del malato” – con cui partecipano al contest per salire sul palco del Concerto del Primo Maggio – o “Dritta/Storta”. E le date ovviamente. Prossimi appuntamenti? Il 19 Marzo all’Atlantico Club e il 28 al Caffè Latino.