British Petroleum, chiesti 16 miliardi di danni: giusta pena o palliativo?
Iniziato il processo al colosso petrolifero per il peggior disastro ambientale nella storia americana
di Rosa Fenoglio
Lo scorso 25 febbraio è iniziato a New Orleans il processo civile alla British Petroleum e alle altre compagnie ritenute responsabili dell’esplosione della piattaforma Deepwater Horizon. L’incidente causò 11 morti e il riversamento di milioni di barili di greggio nel Golfo del Messico.
Se il colosso petrolifero è riuscito a patteggiare sul versante penale accettando di pagare un’ammenda da quattro miliardi e mezzo di dollari, sul piano civile sembra essere sfumata ogni possibilità di accordo. La richiesta del Dipartimento di Stato di un risarcimento di 21 miliardi di dollari basata sul Clean Water Act è una cifra in grado di minare la sopravvivenza persino di una potenza economica come la British Petroleum, la quale ha ritenuto la domanda dell’accusa eccessiva.
Il Procuratore Generale Eric Holder vorrebbe infatti dimostrare che la tragedia sarebbe stata causata da una “negligenza grave”, attribuendo così ad ogni barile di oro nero finito in mare la cifra di 4.300 dollari, anziché di 1.100 caratterizzanti la “negligenza semplice”.
Anche nel caso in cui venissero sottratti dall’ammontare i barili di greggio dalla British Petroleum recuperati dopo il disastro, si tratterebbe comunque di cifre altissime, 16 o 17 miliardi di dollari, ancora troppi secondo i portavoce della compagnia petrolifera, considerando quelli già spesi da BP per le operazioni di bonifica.
Resta il dubbio riguardo al valore effettivo del processo e dei risarcimenti che saranno decisi. Il problema non è tanto dissanguare e magari ridurre sull’orlo del fallimento le compagnie petrolifere, ammesso sia realmente possibile, considerate da molti il Male assoluto, ma comprendere che la trivellazione di ogni angolo della Terra deriva dallo stile di vita a cui il mondo intero sembra non poter rinunciare.
L’apparente imprescindibilità della crescita economica è necessariamente antitetica alla salvaguardia del Pianeta e del benessere degli esseri viventi che lo popolano. Si dovrebbe capire, tutti noi singoli, ma sopratutto i governi che ci amministrano, che solo prendendo in seria considerazione il tema della decrescita si potrà arrivare finalmente a rispettare l’ambiente in cui viviamo.
Fino a quando la crescita del Pil continuerà a dettare l’agenda programmatica dei partiti, lo spazio rimanente da dedicare a un nuovo concetto di sviluppo sarà sempre ridotto e marginale, e per lo più occupato da volontari idealisti che, fortunatamente, continuano la loro eroica lotta, si spera non contro i mulini a vento.