È arrivata la Tobin tax
Come funziona e quali saranno gli effetti della nuova imposta sulle compravendite finanziarie
di Roberto Casucci
Il 1° Marzo è entrata in vigore la Legge n.228 del 24 dicembre 2012, meglio nota come Tobin tax. L’imposta sulle transazioni finanziarie si applica ai trasferimenti di proprietà di azioni, alle operazioni su strumenti finanziari derivati e alle operazioni ad “alta frequenza”. Sono oggetto di tassazione i movimenti sui titoli azionari delle società residenti nel territorio italiano e con una capitalizzazione superiore a 500 mln di euro.
Nell’anno in corso le aliquote saranno pari allo 0,12%, se le transazioni saranno effettuate tramite mercati regolamentati, e allo 0,22%, se concluse al di fuori degli stessi (over the counter) o riguardo la conversione di titoli obbligazionari, warrants e covered warrants. Dal 2014 le aliquote scenderanno rispettivamente allo 0,1% e 0,2%. La Tobin tax è applicata solo nel caso in cui il saldo netto a fine giornata, tra acquisti e vendite su un titolo, da parte dello stesso soggetto, sia positivo. Per gli strumenti derivati l’avvio della tassazione è prorogato al 1°Luglio 2013.
Tramite una rapida analisi possiamo dedurre che sono escluse tutte le operazioni concluse nell’arco di una sola giornata, quelle eseguite sui mercati esteri e su piccole società. Inoltre non ricadono sotto la scure della Tobin tax gli scambi che riguardino Sicav, obbligazioni, fondi, Forex, ETF e tutti i trasferimenti di proprietà che avvengono tramite donazione e/o successione.
E’ fondamentale ricordare come la Tobin tax, concepita nel 1972 dal premio Nobel da cui prende il nome, fosse completamente diversa dalla versione adottata dall’Italia e da alcuni paesi UE. L’originale prevedeva una tassazione globale sul mercato valutario per ridurre la volatilità dei cambi e favorire gli scambi internazionali. In sede europea si è scelto di colpire invece le transazioni finanziarie.
L’intento della Commissione era di avviare l’armonizzazione e l’integrazione fiscale all’interno dei 27 paesi membri. Solamente attraverso un accordo di cooperazione rafforzata hanno aderito 11 paesi, tra cui Germania, Francia e Italia. Tra quelli che non hanno firmato l’accordo, spicca la Gran Bretagna, che da sola rappresenta la metà dei volumi scambiati nelle piazze finanziarie del continente. Senza Londra il gettito derivante dalla tassa è dimezzato. Il pericolo principale è che, con un sistema fiscale disomogeneo all’interno dell’UE, i capitali si spostino verso quei paesi che hanno rifiutato la Tobin tax creando possibili distorsioni. I fenomeni della selezione avversa e dell’elusione fiscale renderanno, infatti, più attraenti i titoli dei paesi esenti dalla stessa.
Il rischio è che una tassazione sulle operazioni finanziarie possa riversarsi sul fronte del credito. Le banche, alle prese con un forte problema di liquidità, sarebbero sempre in maggior difficoltà nella situazione odierna di credit crunch (inasprimento delle condizioni di offerta del credito). L’effetto sarebbe di compromettere la ripresa contribuendo alla recessione reale. L’audace intento della Tobin tax sarebbe quello di regolamentare ulteriormente gli scambi e limitare le speculazioni degli operatori finanziari all’interno dell’area europea in cui viene applicata. In realtà è probabile che assisteremo a fughe verso mercati fiscalmente più amichevoli.
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