Il caso Detroit
Gli errori commessi a Detroit nella gestione della crisi dell’industria automobilistica e nella comprensione del cambiamento del tessuto sociale indicano la strada da evitare
di Andrea Ranelletti
Detroit verrà probabilmente commissariata dallo Stato del Michigan per porre un argine al suo dissesto economico. Il governatore del Michigan, il repubblicano Rick Snyder, ha annunciato che con ogni probabilità a breve verrà nominato un Manager d’emergenza, cui verranno dati pieni poteri per rimettere a posto il bilancio della città “in più grandi difficoltà finanziarie degli interi Stati Uniti”.
Di fatto esautorato il sindaco della città, l’ex-cestista hall of famer Dave Bing del Partito Democratico. Eletto nel 2009, Bing ha palesato il proprio disappunto nei confronti della decisione, pur limitandosi pubblicamente a sottolineare che offrirà la propria piena cooperazione al prossimo manager.
Snyder ha annunciato di aver già in mente il nome del futuro emergency manager, ma che scioglierà le riserve non prima di dieci giorni. La decisione, che non conosce molti precedenti negli Stati Uniti per città di tali dimensioni e importanza, ha già creato forte malcontento all’interno della Motown, luogo di forti tensioni sociali e con alti tassi di povertà e criminalità. Il governatore ha giustificato la propria azione di forza adducendo l’assenza di un piano di risanamento convincente da parte dell’amministrazione, a suo parere incapace di rimettere a posto i conti.
Un enorme buco di oltre 300 milioni di dollari e debiti per circa 14 miliardi: sono queste le astronomiche cifre del dissesto economico detroitiano. Quali mezzi avrà il manager straordinario per rimettere ordine ai conti della città? Taglio di contratti e delle spese pubbliche, ristrutturazione dei servizi e rinegoziazione degli accordi con le società municipalizzate. Il commissariamento della città dovrà impedire a Detroit di finire in bancarotta: qualora tale evenienza non potesse essere scongiurata neppure in questo modo, la Motown diventerebbe la più grande città statunitense a subire tale destino (ad oggi il record è detenuto da Stockton in California).
La recessione seguita alle grandi crisi economiche ha colpito duramente uno dei principali centri industriali degli Stati Uniti. Il crollo economico ha contribuito al processo di desertificazione della città che ha perso un quarto dei suoi abitanti, arrivando ai 700mila attuali. L’allontanamento graduale della borghesia benestante ha causato una progressiva “ghettificazione” della città, aumentando esponenzialmente il livello di povertà – e conseguentemente la richiesta di servizi sociali – e riducendo il margine di tassazione imponibile sugli abitanti.
La crisi di Detroit è quella di una città che ha legato il suo destino a doppia mandata all’industria dell’auto. Il progressivo abbandono della città da parte degli operai in favore dei centri residenziali che circondano la città ha portato la desertificazione della città. Nonostante l’economia stia dando segnali di ripresa e il tasso di disoccupazione sia fortemente calato, la città risente ancora delle passate recessioni che hanno messo in ginocchio l’industria. L’Italia dovrà apprendere quella lezione per evitare di commettere gli stessi sbagli nella gestione del suo settore automobilistico. I conti in rosso della Fiat non dovranno sfibrare ulteriormente il tessuto sociale del nostro Paese.
(fonte immagine: http://www.salst.com/)