Torna in Italia il “Festival della narrativa francese”

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Giunto alla sua quarta edizione, il Festival percorre tutta la penisola

di Giorgia Braico

fonte immagine:institutfrancais-italia.com

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La letteratura d’oltralpe è sbarcata in Italia per il quarto anno consecutivo con il Festival della narrativa francese, organizzato e promosso dall’Ambasciata di Francia in Italia e dall’Institut Français Italia.

Il Festival, che intende diffondere il meglio della letteratura francese contemporanea, si terrà in 14 città della nostra penisola, dal 26 febbraio al 9 marzo 2013, e vedrà la partecipazione di 18 autori francofoni tra donne, esordienti, e scrittori d’espressione francese provenienti da altri continenti.

Ghigliottina ha intervistato il responsabile per il Libro dell’Institut Français, nonché direttore del Festival, Julien Donadille.

Come mai si è sentita la necessità di questo Festival. Secondo lei la letteratura francese di oggi è poco conosciuta/diffusa in Italia?

Ho il presentimento che effettivamente la letteratura francese contemporanea non sia tanto conosciuta in Italia e soprattutto abbia un’immagine forse un po’ “falsa” e forse “datata”. Effettivamente negli anni ‘70 c’era un’influenza molto forte della critica letteraria, dello strutturalismo, una visione della letteratura molto formalista e ci sono state tante esperienze d’avanguardia in Francia.

La letteratura francese all’estero ha dato un’immagine molto formalista intellettuale, molto intima e quindi un po’ “separata” dal mondo. In un certo senso una letteratura molto parigina. E quindi quest’immagine ha avuto delle conseguenze terribili per la letteratura francese, per esempio in Italia la stampa si interessava meno a quello che veniva dalla Francia e la conseguenza è che gli editori italiani esitavano a pubblicare gli autori francesi.

E’ cambiata secondo lei la letteratura francese, nel tempo? E in che modo?

Quest’immagine, in questo momento, sta per cambiare perché ci sono stati alcuni successi recenti della letteratura francese contemporanea, e quello che vogliamo fare con il Festival è, giustamente, contribuire a cambiare quest’immagine. Ovviamente ci sono sempre le avanguardie più formaliste e direi per fortuna, perché sono anche una ricchezza della letteratura francese, ma accanto a questa c’è una diversità molto importante di letterature aperte sul mondo, aperte sulla storia. C’è questa corrente di letteratura storica che è abbastanza nuova, c’è da 10 anni, molto importante adesso ed è anche studiata nelle università (ad esempio all’Università La Sapienza di Roma). La letteratura francese, quindi, è molto più diversa di quello che si pensa, ed è anche arricchita dalle letterature di tutto il mondo (quindi non dovremmo parlare di una letteratura francese ma di una letteratura in lingua francese) perché ci sono tanti autori che vengono dall’Africa, dall’Oriente, dalle Americhe, dai Caraibi, ecc. che danno veramente questa diversità e questa ricchezza alla letteratura contemporanea. Poi sono cambiati ovviamente i temi, gli ambiti.

fonte immagine:facebook.com

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Le case editrici italiane pubblicano abbastanza letteratura francese o potrebbero fare di più?

Noi pensiamo che potrebbero fare di più, è per questo motivo che facciamo questo Festival. Il francese è la seconda lingua di traduzione dopo l’inglese, quindi è una condizione abbastanza favorevole perché siamo davanti allo spagnolo, al tedesco. Ma se guardiamo le cifre l’inglese rappresenta il 60% delle traduzioni (compreso l’inglese degli Stati Uniti) e solo il 15% per il francese. Quindi facciamo questo Festival per promuovere di più questi autori francesi, farli conoscere e permettere agli editori di avere più facilità nell’esporli in libreria.

Come sta rispondendo il pubblico italiano a questo Festival, già alla sua quarta edizione?

Ogni anno abbiamo cambiato dimensione. Il Festival ha conosciuto una crescita molto importante. Abbiamo cominciato nel 2010 con un Festival che era soprattutto collocato negli Istitut Français a Milano, Roma e Napoli, quindi una cosa molto circoscritta sul territorio italiano, anche se partecipavano già molti autori, ma in una dimensione più universitaria, più di critica letteraria. Nel 2011 abbiamo cambiato spirito perché abbiamo cercato un’apertura più “commerciale” con autori forse più noti, più “accessibili”. Nel 2012, in 8 città e con 15 autori abbiamo avuto in totale 25 incontri e 1500 partecipanti.  Nel 2013, abbiamo appena cominciato ma abbiamo già avuto un successo del quale siamo molto contenti, perché ci sono stati fino ad ora 6-7 incontri e 300 persone che hanno partecipato. Abbiamo molti articoli della stampa; la stampa italiana ha cominciato a reagire e interagire con il Festival.

Secondo lei in che condizioni è la cultura, oggi?

Ci sono diversi modi per rispondere a questa domanda, perché la cultura vive e vivrà sempre perché è una parte essenziale dell’uomo. In questo senso direi che lo stato della cultura di oggi è lo stesso di ieri, perché sempre ricca di significati, di storie e di arte, quindi questo non cambierà mai. L’offerta è molto più importante oggi con il digitale, perché ci sono ogni anno tanti libri che escono, tanta musica che è accessibile nella rete, ecc. Quel che sta per cambiare in questo momento, ovviamente, sono le modalità di accesso alla cultura, perché in un certo senso sono molto più semplici: con il digitale è molto più facile avere accesso a libri, musica; anche libri che non si possono più comprare in formato cartaceo perché non sono più disponibili, ma è  anche molto più difficile avere una visione globale di questa cultura. Soprattutto nell’ambito della letteratura contemporanea, perché ci sono tanti autori, in tanti paesi, in tante lingue. Poi c’è un altro discorso, quello del finanziamento della cultura. Ovviamente nei paesi occidentali, soprattutto in Europa, in questo momento la cultura sta attraversando un periodo molto difficile perché questa crisi finanziaria pesa molto sugli Stati, e sui finanziamenti, e la cultura è sempre la prima che subisce tagli; ma è proprio la cultura, forse, che ci può aiutare a uscire dalla crisi.

Cosa direbbe per invogliare il pubblico ad assistere agli appuntamenti del Festival?

Soprattutto vorrei insistere sulla diversità degli autori che abbiamo, in termine di origine geografica, con molti autori francesi ma tanti autori che vengono dall’Africa, dal Libano, dai Caraibi, dal Canada. Poi c’è una diversità in termini di ambiti letterari perché abbiamo autori più noti, più accessibili forse, e autori più letterari, più d’avanguardia, che lavorano più sulla lingua. Abbiamo diverse età, c’è l’esordiente e gli autori più affermati; abbiamo uomini, donne. In questa diversità sono sicuro che tutti possono in un modo o nell’altro trovare l’autore che sia più adatto al proprio gusto.

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