Cambiare per mantenere il potere?
Una riflessione intorno alle possibili cause delle dimissioni di Papa Benedetto XVI alla vigilia del Conclave per l’elezione del nuovo Pontefice
di Rosa Fenoglio
In seguito all’annuncio avvenuto durante il Concistoro per la canonizzazione dei tre martiri di Otranto, il 28 febbraio scorso alle ore 20 le dimissioni di Benedetto XVI sono diventate effettive.
Si è scritto molto intorno alle ragioni che potrebbero aver portato l’uomo Joseph Ratzinger a un gesto così raro e clamoroso e, come spesso accade in mancanza di dati assolutamente certi, ciò che resta agli interessati sono congetture o riflessioni.
Sicuramente avranno avuto un peso determinante gli scandali che hanno contrassegnato quest’ultimo pontificato: episodi di pedofilia all’interno del mondo cristiano, omosessualità dentro le mura delle chiese e le ulteriori rivelazioni annunciate intorno alla vicenda Vatileaks. Ce ne sarebbe abbastanza per giustificare il gesto di uomo anziano, non più in grado di fronteggiare problemi da tempo, o forse da sempre, serpeggianti all’interno del mondo cattolico e venuti negli ultimi anni clamorosamente alla ribalta.
Eppure le ragioni potrebbero essere più profonde e da contestualizzare all’interno delle modalità attraverso cui la Chiesa ha instaurato e mantenuto il suo potere nel corso dei secoli.
Basandosi su alcune riflessioni di Michel Foucault, si può affermare che il cristianesimo, nella sua accezione di movimento pastorale, si basa sulla comunicazione con le coscienze. Attraverso l’istituto della confessione la Chiesa è riuscita a penetrare nella sfera più intima e personale degli individui e da qui ha instaurato il suo potere. Potere prima spirituale e poi temporale.
È precisamente considerando la Chiesa in quanto potere spirituale che diventa più comprensibile l’obbedienza che i fedeli le riservano. Francesco Raparelli sottolinea come l’autorità ecclesiastica eserciti “un potere che non si limita a imporre l’obbedienza con la forza, piuttosto un potere che individualizza, il grado di curare e ascoltare, di dirigere le coscienze e di sostenere”.
La coscienza collettiva è cambiata molto a partire dalla seconda metà del ‘900 e particolarmente con l’avvento del nuovo millennio. Le posizioni più ortodosse e intransigenti formalmente tenute dalla alte sfere della Chiesa non sono realmente più sostenibili, se non da qualche collettivo di scalmanati mentali, i quali mantengono un seguito nella dimensione pubblica che raramente si traduce in comportamenti privati. La maggior parte dei preti, coloro che stanno a contatto con i dubbi e i problemi etici che riguardano le persone che vivono oggi nel mondo, da tempo non portano più avanti posizioni anacronistiche come quelle riguardanti le coppie di fatto, l’uso del preservativo, le famiglie allargate e i relativi divorzi da cui queste ultime generalmente nascono.
Non modificare pubblicamente queste posizioni può soltanto determinare un aumento dei bigotti – il Signore ce ne scampi, perché già sono in molti – e l’allontanamento della religione dalle coscienze. E potrebbe essere questo sul lungo a minare l’influenza della Chiesa sulle persone.
Gli scandali e i giochi di potere non hanno scalfito mai l’influenza della Chiesa, così come non l’ha minata seriamente l’ostentazione della sua enorme ricchezza, aliena completamente dal messaggio di Gesù Cristo, dall’autentico cristianesimo delle origini.
La vera sfida che riguarda la spiritualità cattolica è rimanere in contatto con la coscienza reale e dunque con la vita degli individui. Se nel tempo la chiesa non riuscirà a modificarsi in questo senso, lo scollamento con la società civile nel suo complesso sarà sempre più ampio e la religione resterà, per tutti, una sola questione di facciata, come già è per tanti cattolici.