Chavez, “Chi muore per la vita non è morto!”
La rinascita bolivarista del Sudamerica, la morte di Chavez e gli scenari futuri di un continente in cerca della propria identità
di Guglielmo Sano
“Se volete sapere chi è Hugo Chavez guardate chi in questo momento lo piange e chi invece gode della sua morte”, così Fidel Castro riassume la personalità del presidente venezuelano scomparso da pochi giorni. Poche parole, ma significative, per fotografare un personaggio spigoloso quanto carismatico.
Chavez era un militare, nel 1991 venne promosso al grado di colonnello, in quel periodo il Venezuela del Presidente Perez era scosso da continue proteste e manifestazioni popolari di malcontento. L’esercito veniva impiegato nella repressione delle sommosse di piazza con compiti di polizia. Chavez non condivideva questo orientamento: l’esercito era creato per difendere il popolo venezuelano non per colpirlo. Nel 1992 Chavez tenta di prendere il potere manu militari, contando sull’appoggio di soldati a lui fedelissimi. Il golpe fallisce, passerà due anni in galera dopo aver ammesso le sue responsabilità. Nel 1998 la sua elezione a presidente del Venezuela.
Da quel momento in poi amministrerà il potere in maniera autoritaria passando, tuttavia, sempre dal voto. Il Venezuela conoscerà alterne vicende in campo economico e politico ma Hugo Chavez potrà contare sempre sul sostegno della larga maggioranza del Paese. I suoi provvedimenti verranno varati sempre nell’interesse dei venezuelani, le immense risorse petrolifere verranno reimpiegate in riforme strutturali, volte a rivoluzionare un Paese raso al suolo dallo sfruttamento, dalle politiche coloniali in particolare statunitensi. Tutto il continente sudamericano sarà coinvolto nel grande progetto di rivalsa promosso da Chavez.
Il pensiero del presidente venezuelano affonda le proprie radici nel “panamericanismo” di Simon Bolivar, El Liberador, che aveva combattuto per l’indipendenza di Colombia ed Ecuador oltre che del Venezuela. L’idea di unione di tutti i popoli sudamericani, insieme al riferimento a simboli e politiche prettamente socialiste e nazionaliste, rendeva il Chavismo un pensiero affascinante per tutto un continente, “subalterno” per antonomasia, lo dimostrano le elezioni di leader molto vicini alle istanze del presidente venezuelano in Bolivia, Brasile, Paraguay, Argentina, Uruguay.
Grazie a Chavez tutto l’America Latina sembra essersi svegliata, l’omologazione al modello occidentale, coloniale, ha lasciato spazio alla ricerca di una nuova identità basata sulla tradizione. Un nuovo modello di crescita economica e culturale si è diffuso in Sudamerica, un nuovo modello che non può essere sviluppato a prescindere dalla riappropriazione delle risorse. Risorse che fanno ancora gola a chi era riuscito a impossessarsene.
La voglia d’indipendenza dallo scomodo vicino statunitense non basta da sola a cancellare secoli di sfruttamento, tra l’altro appoggiato da connivenze diffuse nell’economia e nella politica sudamericana. Chavez fu uno dei primi ad adottare politiche che permettessero al suo Paese di sfruttare le proprie risorse per attuare progetti autonomi di sviluppo, al contrario dei suoi predecessori impedì che tali risorse fossero svendute alle multinazionali americane.
Il presidente venezuelano subì a sua volta anche un tentativo di golpe nel 2002, cui la Cia non aveva mancato di far pervenire appoggio e sostegno. Se gli Usa non riuscirono a rovesciare il suo governo, riuscirono sicuramente a mettergli il mondo contro attraverso una martellante campagna d’informazione: Chavez “dittatore”, “despota”, “amico delle canaglie internazionali”. Chavez è stato un personaggio controverso, ma è bene notare come l’opposizione alla politica statunitense abbia pesato sulla sua immagine pubblica. Per ben pesare la sua importanza storica, sarà necessario andare oltre le versioni ufficiali sul fenomeno che ha determinato. Non siamo che all’inizio del processo storico che porterà al giudizio su questa figura. Per alcuni è già pienamente assolto.