Emergenza Nord Africa finita. Oppure no?

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Dal 1° marzo tutti gli immigrati arrivati in Italia nell’estate del 2011 dovranno lasciare il nostro Paese. Con alcune eccezioni

di Chiara Puglisi

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Il 28 febbraio in Italia è terminata l’emergenza Nord Africa: dal 1° marzo i circa 28.000 immigrati dalle zone più colpite dell’Africa (Libia, Nigeria, Mali, Costa d’ Avorio) che dal 1° luglio 2011 sono entrati in Italia, dovranno lasciare i centri di accoglienza e con un sussidio di 500€ a persona potranno lasciare il nostro Paese.

Questa data di scadenza ha messo in allarme le amministrazioni comunali che per anni hanno afffrontato l’emergenza al meglio delle loro capacità. Che ne sarà di tutte le persone messe alla porta dallo Stato italiano? Quali situazioni il nostro Paese si troverà a fronteggiare? Questi i tanti dubbi, mentre le associazioni umanitarie come la Caritas e gli enti locali, aprono le loro porte portando il loro aiuto a chi non ha un’idea ben precisa sul da farsi, cioè i migranti.

Secondo la circolare diffusa dal ministero dell’Interno, i 7.400 profughi in attesa di asilo politico, le donne in stato di gravidanza, i minori senza accompagnatori, gli anziani e le vittime di tortura potranno restare in Italia per altri sei mesi, previa comunicazione da parte delle Prefetture del numero esatto di persone da accudire.

Sei mesi in cui, secondo il Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR), sarà lungo il lavoro ancora da fare da parte delle 10 Commissioni per l’asilo, considerando che la legge non ha prorogato la possibilità di 12 sezioni aggiuntive, i tempi si dilatano e l’incertezza aumenta per quei rifugiati che ancora sono in attesa di sapere se la loro richiesta di asilo sarà o meno accettata.

La fine dell’Emergenza Nord Africa arriva nel giorno dello sciopero degli immigrati.

migranti 02Da tre anni infatti il 1° marzo è la giornata dedicata alle proteste di tutte quelle persone che vivono e lavorano nel nostro Paese ma ai quali non vengono riconosciuti molti diritti.

Gli immigrati lavoratori ormai naturalizzati italiani chiedono a gran voce di veder riconosciuti il diritto di cittadinanza, almeno per le seconde generazioni nate all’interno dei nostri confini, il riconoscimento della propria identità personale, sociale e la possibilità di esercitare la libertà di scelta e il diritto alla diversità.

Uniti nei Comitati Primo Marzo, quest’anno la mobilitazione ha chiesto il diritto alla libera circolazione, alla libera scelta del posto in cui vivere, una legge efficace sull’asilo politico, di grande attualità in questo inizio di anno così turbolento e incerto per i profughi nord africani, e una nuova legislazione sull’immigrazione che superi la legge BossiFini.

Per una società come la nostra, fondata ormai anche sulla manodopera del lavoro dei migranti, sarebbe importante superare i limiti imposti dalle antiche credenze per cui il “diverso” venuto da lontano porta solo criminalità. Soprattutto alla luce delle speculazioni che ruotano intorno all’emergenza immigrazione.

Le Ong, le cooperative e i centri diocesani hanno percepito per anni un contributo di 46 euro a persona per ogni immigrato accolto nei propri centri e le varie strutture hanno incassato all’incirca 25.000€. Soldi che non sono stati utilizzati per la programmazione di piani di inserimento sociale anzi, in alcuni casi abbiamo assistito a rivolte all’interno dei centri preposti all’accoglienza, dettate dalle precarie condizioni di vita cui sono stati sottoposti i cittadini stranieri giunti in Italia con l’idea di un futuro.

Per dirlo con Marco De Ponte, segretario Generale di Actionaid, bisogna smettere di classificare queste persone secondo le 5 “p”, “Precario, poco pagato, pesante, pericoloso e penalizzato socialmente”, da lui utilizzate per fotografare il lavoro degli immigrati, ma bisogna garantire loro maggiori diritti cercando di diminuire l’esclusione sociale che dovrebbe diventare una priorità del nostro Paese: “L’Italia non è più la terra promessa dei migranti. Ormai è tempo di garantire loro maggiori diritti, altrimenti rischiamo di aumentare l’esclusione sociale, che la crisi economica sta già rendendo insostenibile”, ha affermato De Ponte.

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