“Midway”: la Terra invia il suo “message in a bottle”
Un docu-film testimonia un omicidio. Il killer? L’inquinamento. Per rivelare i mandanti, il cinema chiede di nuovo aiuto al fundraising
di Valentina Palermi
Su Facebook, Steve M. da Chester, Nova Scotia, scrive: “Una produzione molto ben fotografata, musica grandiosa, piacevole narrazione, eppure così inquietante. A 2000 miglia dalla terraferma, eppure tutta quell’immondizia sulle rive. Triste!!!”
La fanpage è quella di Midway Journey, un progetto promosso da Chris Jordan (fotografo e ambasciatore dell’associazione World Green Citizen), e che racchiude il nome del docu-film “Midway: a message from the Gyre”. Il viaggio è quello “visivo potente, nel cuore di una tragedia ambientale straordinariamente simbolica”. Il messaggio è contenuto in tonnellate di bottiglie… anzi no! Scorrendo frettolosamente il testo, potreste lì per lì pensare a qualche scena romantica presa da una pellicola hollywoodiana.
Forse sarebbe meglio dire che invece di lettere d’amore ci sono tappi di plastica, bottiglie e spazzolini, che anziché spuntare dalle acque marine, fanno la loro comparsa nei corpi degli albatros.
Un atollo sperduto nel Nord dell’Oceano Pacifico è per loro considerato “casa”. Ma nonostante le grandi distanze che volando percorrono per sostentarsi, muoiono nel loro “santuario naturale tra i più belli del mondo” per l’inquinamento causato dalla Great Pacific Garbage Patch – conosciuta anche come Pacific Trash Vortex -, un complesso di correnti circolari che concentrano detriti e rifiuti, specialmente plastici, formato a partire dagli Anni Cinquanta. Con il passare dei decenni questo sistema si è moltiplicato, fino ad essere individuato in cinque zone del pianeta (North e South Atlantic Gyre, North e South Pacific Gyre, Indian Gyre). Con il tempo è stato individuato, più precisamente negli anni Ottanta. E oggi è arrivato a trasformarsi in un’immensa discarica galleggiante, per certi versi non meno “artificiale” di quella maldiviana di Thilafushi.
Un fenomeno già evidenziato da Greenpeace, testimoniato in occasione di un TED Talk dal Capt. Charles Moore, velista americano dell’Algalita Marine Research Foundation esperto in crociere in solitaria, ultimamente menzionato nell’intervista su “El País” a Manuel Maqueda, membro del team di “Midway” e fondatore della campagna “El Plástico Mata”, e una migrazione – quella dei rifiuti – che può avvenire ormai da una corrente all’altra (come scoperto da Dr. Erik van Sebille dell’UNSW Climate Change Research Centre).
Chris e la sua équipe sono andati e tornati più volte durante gli anni su quel lembo di terra a metà strada tra Asia e Stati Uniti, per poter assistere al ciclo della vita di questi uccelli e registrarne l’inevitabile fine. Non limitandosi a filmare l’orrore e la contaminazione, ma catturando il dolore di questi esseri vicini alla morte, alleviando la vista dello spettatore mostrando la gioia della nascita e la bellezza dell’ecosistema, riuscendo a far sentire finalmente colpevole il vero killer indiscusso.
Da Israele al Kenya, come da ogni angolo del mondo, arrivano “simili” denunce circa lo stato delle coste, oltre al sostegno economico e morale all’iniziativa. Al momento il viaggio (attra)verso Midway, “metafora dei nostri tempi”, è sponsorizzato da Fractured Atlas, una ONP al servizio dell’arte, e ha potuto continuare a crescere grazie alle donazioni. Dopo “Un indovino ci disse”, realtà italiana di cui vi abbiamo parlato la scorsa settimana, ecco un altro progetto di fundraising votato alla produzione di un film.
Partecipato, ma soprattutto riuscito! Al momento la post-produzione di “Midway: a message from the Gyre” prosegue. Con una speranza: il debutto della “final beauty” per l’autunno 2013.