Il filo che separa le due Coree
Come la peste di secoli fa, oggi è la minaccia nucleare che fa tremare le viscere della Terra: la Corea del Nord ne fa strumento di terrore
di Martina Martelloni
Quella penisola situata all’estremità della Cina e al confine con la Federazione Russa, si ricopre di catene montuose da nord a sud del territorio. Un Paese stretto nella morsa da Cina e Giappone, non solo geograficamente ma anche e prevalentemente nel corso della sua esistenza storica.
Volgendo le spalle al presente, la linea del tempo ci riporta al 1876, anno di invasione giapponese ed inizio della spartizione della penisola per via di quel potenziale di ricchezza insito nelle viscere della terra coreana. Il Giappone seppe mirare bene il suo obiettivo ed avviò politiche di sfruttamento del territorio per l’estrazione di materie prime utili, se non indispensabili, per il popolo nipponico. Di questo meccanismo di estrazione e conseguente commercializzazione, fu quasi esclusivamente il sud della Corea a beneficiarne e goderne i profitti – nutrendo ed ingrassando così il settore agricolo.
Il Sol Levante marciò per quelle terre fino al termine della Seconda Guerra Mondiale. Scalciati ad un angolo gli sconfitti, Usa ed Unione Sovietica si giocarono a tavolino il “risiko” delle terre liberate. La Corea si divise in due: bandiera a stelle e strisce venne impiantata nella parte meridionale della penisola lasciando all’Armata Rossa il nord montuoso e stretto alla Cina. Una finta tutela internazionale che si dichiarò palese contrasto ideologico sfogato su questa terra asiatica tra USA ed URSS.
Inizio della Guerra fredda, la Corea non sarà libera per lungo tempo. Nel 1948 col nome di Repubblica Popolare di Corea a nord e Repubblica di Corea a sud, si delinea un filo di ferro insuperabile dalla Pace. Anno teso fu il 1950. Le truppe nordcoreane scavalcarono il 38° parallelo di divisione confinaria come affronto ai vicini nonché connazionali sudcoreani. Il richiamo internazionale fu immediato e le Nazioni Unite, ad eccezione dell’Unione Sovietica, si armarono per la fine del conflitto. Fine che verrà siglata nel 1953 con un armistizio informale finalizzato a marcare nel 38° parallelo l’effettiva linea di confine tra Corea del Nord e Corea del Sud.
Ora, trascorsi anni ed anni nella quotidiana contesa tra le due Coree, l’aria è più densa che mai. Si è fatta nebbia pura ed è difficile, estremamente difficile guardare oltre quel confine deciso da altri senza tremare per ciò che si brama contro l’altra parte del Paese.
Il terzo test nucleare è stato sperimentato nel Nord intransigente, minacciando il Sud e con lei i protettori a seguito – quali Usa e Giappone. Paura nucleare che inizia a far indietreggiare anche Pechino, esitando su un totale silenzio che rischia di rendere ostili gli sguardi del Mondo anche verso quella che ora è la superpotenza commerciale asiatica.
Passi di affronto nordcoreano sono stati marcati nel terreno della Corea del Sud con il taglio “diplomatico” del 38° parallelo – gesto di sfida benché non dichiaratamente bellico, considerato il senso puramente informale della divisione stabilita principalmente per porre fine al conflitto degli anni ’50 e dunque giuridicamente irrilevante e senza tempestive corsa alle armi.
Il perché se lo chiedono in molti. Questo suo divenire sempre più guerrafondaia ed allergica ai processi di pace, fa di Pyongyang un leone in gabbia che squarcia le sbarre e ruggisce agli osservatori. Dall’altra parte del confine, la Corea del Sud sta attraversando un periodo di rinascita culturale ed investimento economico promosso dalla prima presidentessa donna Park Geun- Hye. Eletta nel dicembre del 2012, questa figlia di un ex presidente assassinato nel 1979 conosce bene le parole affilate di Pyongyang e della loro sudditanza all’eterno presidente defunto King II Sung, dittatore dal 1948 al 1994.
Un anno e poco più, dunque, è trascorso dal discorso di insediamento della presidentessa sudcoreana – discorso imbastito di parole forti, autoritarie seppur tendenti al progresso interno auspicabile attraverso riforme atte a coltivare la cultura come perno dello sviluppo economico e, dunque, si è parlato dei non riconosciuti fratelli del Nord. Park Geun- Hye poco più di un anno fa parlava di pace, di compromesso, di tentativi di ricerca verso una civile e serena convivenza su quel lembo di terra con cultura affine, che trova nella sorgente nella comune influenza giapponese e cinese. Confucianesimo, buddismo e taoismo.
Poche ore fa, un video di propaganda nordcoreana è stato pubblicato nella rete. Immagini crude e fortemente militaresche parlano chiaro, come chiara è la voce narrante di sottofondo. Bersaglio prediletto è la Casa Bianca statunitense, l’eterna badante del Sud Corea.
Le parole di Park Geun- Hye di poco più di un anno fa, non sono state ascoltate. Oppure, più semplicemente, non sono state in grado di valicare un 38° parallelo fittizio che fa da filo arrugginito e spinato tra le due Coree.