Costa d’Avorio: una democrazia violata, violenta e “irreversibile”

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Il colpo di Stato, i due presidenti e l’ingerenza francese

di Guglielmo Sano

L'ex presidente Gbagbo, oggi sotto processo alla Corte Penale Internazionale

L’ex presidente Gbagbo, oggi sotto processo alla Corte Penale Internazionale

La Costa D’Avorio è stata la perla delle colonie francesi in Africa Occidentale. La terra più bella, più ricca e pacifica dei possedimenti francesi in Africa. Dopo l’indipendenza la Costa D’Avorio aveva mantenuto il suo carattere di paese relativamente prospero e stabile, almeno fino al 2010.

Nel 2002 si svolsero le elezioni presidenziali che hanno determinato la salita al potere di Laurent Gbagbo, pochi mesi dopo una frangia di ribelli si è impossessata del Nord del paese con la forza delle armi. Accordi di pace si alternano a violenti scontri in una situazione di precario equilibrio, fino al 2010. Quell’anno si tennero nuove elezioni presidenziali nelle quali si fronteggiarono il presidente uscente Gbagbo e il capo dei ribelli Allassane Outtarà.

Le elezioni vennero vinte da Outtarà, giusto per qualche punto percentuale, Gbagbo non ci sta: parla di brogli e di complotto internazionale. In Costa D’avorio si scatena la guerra civile. La Francia caldeggia un intervento tempestivo delle Nazioni Unite, che a loro volta danno mandato alla Francia – che in Costa D’Avorio ha delle basi militari – di intervenire per ripristinare la denocrazia. I ribelli di Outtarà scendono dal Nord e, con grande spargimento di sangue, insieme alle truppe dell’ONU conquistano la capitale di allora Abidjan: Gbagbo viene arrestato e in seguito verrà trasferito presso la Corte penale Internazionale di Den Haag per essere processato come criminale di guerra.

Per la Francia adesso la situazione è in regola, ma ci si domanda se giustizia sia stata fatta. I primi dubbi sicuramente emergono riguardo alle elezioni, delle quali il corretto svolgimento non sembra si sia verificato – non andrebbe infatti dimenticato che un’intera regione della Costa D’Avorio era in mano alle truppe di un candidato.

La popolazione ivoriana aveva chiesto che la comunità internazionale vigilasse sulla trasparenza delle votazioni e in effetti l’ONU aveva assicurato la presenza di osservatori internazionali. In concreto, i soldati di Outtarà impedirono agli esponenti del partito del Presidente di svolgere la campagna elettorale nel Nord e per di più minacciarono e usarono violenza con chiunque fosse sospettato di essere vicino a Gbagbo – la vittoria di Outtarà tra l’altro sembra basarsi su dei verbali di seggio palesemente falsificati, giacché in alcune circoscrizioni il numero dei votanti per Outtarà superava il numero degli elettori totali.

Per le mire francesi sulle ricchezze della Costa D’Avorio, Ggagbo era un ostacolo scomodo e quasi insormontabile in virtù dell’appoggio popolare che questi riscontrava. Nel 2002, mentre al Nord impazzava una guerra civile apparentemente causata da motivi etnici, i francesi si interposero tra l’esercito regolare e i ribelli. Gbagbo decise però di riconquistare il Nord, scavalcando l’intervento francese per mezzo di bombardamenti aerei che inflissero duri colpi ai ribelli di Outtarà.

Tuttavia gli aerei ivoriani però bombardarono anche un campo francese e otto soldati perserò la vita: da quel momento in poi la Francia poteva legittimare ogni tipo di intervento in Costa D’Avorio – tradotto in altri termini, ogni interferenza nei confronti di Gbagbo poteva essere considerata legittima. Bisognava solo aspettare il momento opportuno, per intervenire.

Per Laurent Gbagbo non c’era  più tempo per formare piloti ivoriani: in virtù di tale ragione, le truppe dell’aviazione erano prevalentemente costituite da soldati bielorussi. Pare che i servizi segreti francesi contattarono i piloti di Gbagbo intimandogli di bombardare il campo francese: pur dieliminare Gbagbo, la Francia era pronta a sacrificare la vita dei suoi cittadini.

L'attuale presidente ivoriano Alassane Ouattara

L’attuale presidente ivoriano Alassane Ouattara

I francesi avevano bisogno di un drammatico pretesto per intervenire in Costa D’Avorio. Il paese di Gbagbo cercò di svincolarsi dal rapporto economico preferenziale con l’ex padrone colonialista ma Chirac prima e Sarkozy poi, non potevano permettersi di perdere il controllo sulle materie prime di cui la costa ivoriana è ricca.

La strategia mediatica dei francesi mise sempre in evidenza le “crudeltà” dei fedelissimi di Gbagbo – mai quelle dei ribelli di Outtarà. La morte degli otto soldati francesi diede la possibilità a Chirac di smantellare l’aviazione ivoriana – arma che si era dimostrata invincibile contro i sostenitori di Outtarà. Ancora prima i francesi si erano interposti tra l’esercito regolare e i ribelli – ufficialmente per evitare l’ecatombe, in realtà venne dato il tempo ai dissidenti di organizzarsi. Inoltre, i ribelli incassarono l’aiuto delle truppe del Burkina Faso – che oltre a fornire soldati, faceva pervenire armi francesi agli irregolari.

Gbagbo aveva aperto “il mercato” della Costa D’Avorio alla Cina, agli Usa e al Brasile senza l’autorizzazione francese. La Francia non poteva rinunciare al suo ruolo predominante di partner commerciale con uno dei paesi più ricchi dell’Africa occidentale, non poteva permettere a Gbagbo di aprire il mercato al mondo e alla concorrenza: avrebbe perso il diritto esclusivo ad appropriarsi di preziose materie prime a prezzi a dir poco ridicoli.

La Francia inoltre non poteva permettere che un paese si ribellasse al suo controllo in un’area così delicata per i suoi interessi, non poteva permettere alla Costa D’Avorio di diventare un pericoloso precedente. Buone potenzialità petrolifere, produttore di legname, gomma, olio di palma, bauxite, ferro e altri minerali; terzo produttore mondiale di caffè, primo produttore mondiale di cacao – dovrebbe far pensare, inoltre, che il cioccolato in Costa D’Avorio sia un bene d’importazione e abbia costi altissimi.

Poco tempo fa Gbagbo ha dato una lezione di legalità alla Corte Penale Internazionale: l’ex presidente ivoriano ha infatti ricordato come con un’apposita legge abbia permesso a Outtarà di candidarsi – non avrebbe potuto in quanto di origine burkinabè (etnia del Burkina Faso ndr) – e ha inoltre ricordato come le accuse di nepotismo nei suoi confronti non siano mai state dimostrate – se non con la non meglio accurata affermazione che tanto “tutti in Africa governate così”.

Gbagbo ha inoltre ricordato alla CPI come egli abbia sempre rispettato la Costituzione ivoriana, come durante il regime di Hophouet-Boigny abbia trascorso alcuni anni in carcere – imprigionato proprio in quanto sostenitore della democrazia e del multipartitismo.

Outtarà nel frattempo ha permesso alla Francia di impadronirsi di tutto il tessuto economico ivoriano. Outtarà è fermo e risoluto, quando asserisce che “in Costa D’Avorio la democrazia è un processo irreversibile”.

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