L’illusione della libertà di stampa nel mondo arabo
Il Direttore di Al Jazeera ha incontrato gli studenti dell’Università di Tor Vergata per raccontare i cambiamenti della Primavera Araba
di Valentina Palermi
La giornata di giovedì 21 marzo ha portato con sé sentimenti particolari, a seguito della notizia della morte del Capo della Polizia Antonio Manganelli – in un clima di esasperazione nazionale e internazionale che pochi giorni prima ha spinto l’ennesima “marea umana” a manifestare per le vie di Bruxelles in occasione del vertice primaverile dei leader europei.
Ma la primavera di cui si è discusso a Tor Vergata è quella che ha cambiato il Mondo Arabo: la seconda Università di Roma ha infatti organizzato la lecture “The media and the Freedom of Expression in the Arab World after the 2011 Revolutions”, che ha visto la partecipazione di Khalid Hamad Al-Malik – direttore di Al Jazeera Newspaper dal 1972, anno in cui la testata giornalistica effettuava il suo passaggio da settimanale a quotidiano.
L’incontro è stato soprattutto “un’esperienza di arricchimento”, secondo quanto affermato dal Prof. Sergio Cherubini – Direttore del Master in Economia e Gestione della Comunicazione e dei Media – e dalla Dott.ssa Anna Maria di Paolo – Reggente del Servizio Studi, Corsi e Addestramento della Scuola Superiore della Polizia di Stato, presente con gli allievi e le allieve che a fine anno presteranno il proprio servizio sul territorio nazionale. Tra gli ospiti anche l’Ambasciatore dell’Arabia Saudita in Italia, S.E. Saleh Mohammad Al Ghamdi, e il Segretario Generale della Lega degli Stati Arabi, Nabīl al-ʿArabī – entrambi attenti ad ascoltare una lecture che tuttavia non si limitava ad illustrare gli assetti politici o le strategie economiche dei paesi del Mondo Arabo.
Ogni qual volta si parla di Primavera Araba salta subito alla mente quell’insieme di ribellioni che ha smosso una parte del Nord Africa e del Medio Oriente. Un termine giornalistico, che però dal giornalismo non ha ricevuto il sostegno necessario: una “latitanza della stampa non motivabile con la paura, una presenza tardiva nella discesa nelle piazze”, giunta al fianco dei movimenti popolari “quando i regimi vacillavano o erano al tracollo, svuotando di significato quello che era il loro desiderio” – ha affermato senza mezzi termini Al-Malik.
La stampa, infatti, pur “garante della creazione dell’opinione pubblica, non è stata in grado di alzare di più la voce di fronte ai regimi”, deludendo lettori e cittadini spinti a reagire ai primi provvedimenti che hanno impedito l’ingresso nei diversi Paesi di giornalisti internazionali – quegli stessi cittadini che si sono dimostrati pronti ad auto-organizzarsi per mostrare al mondo quanto accadeva attraverso Twitter, Facebook, blog, etc. Quegli stessi cittadini che hanno coltivato autonomamente il loro bisogno di sapere e che continuano a farlo, affidandosi ad organi di informazione come Al Jazeera – ad oggi una delle rare eccezioni.
Nel mondo arabo – e aggiungerei non limitatamente ad esso – ci troviamo di fronte a
“una bugia e a una pia illusione”, quando parliamo di una libertà di stampa sempre più afflitta dalla “perdita di credibilità” e dalla “mancanza di spazi di confronto”. Quella libertà di stampa che viene garantita quando essa rispetta “obiettività, trasparenza, veridicità”, quando vengono perseguite l’etica e la deontologia della professione giornalistica, quando viene rispettato il credo religioso.
Quella stessa libertà di stampa che poi viene violata ogni qualvolta “si va oltre la logica, il buon senso e si dà seguito alla violenza”. Nel Mondo Arabo molti giornali erano “integrati nei regimi, o sottostavano al volere di finanziatori esteri”, diretti da redattori e capo-redattori che ancora “minimizzano, capovolgono e distorcono la verità” grazie a un’estetica accattivante e alla larga diffusione – elementi che tuttavia non sono riusciti a sedare il malcontento.
Alla lecture tenutasi presso l’Università di Tor Vergata si è parlato soprattutto di editoria cartacea, ma la situazione è in tutto e per tutto simile qualora si intedesse analizzare il settore online. La libertà di informazione è un diritto celebrato anche dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon e dal Direttore Generale dell’UNESCO Irina Bokova, ma “non è purtroppo aiutata dai controlli che ancora oggi vengono svolti sui giornalisti e sulle pubblicazioni” – una situazione che poco tranquillizzante, secondo Al-Malik.
Nonostante “non esistono le basi per la sua creazione”, la necessità di alzare il livello di “libertà di espressione dovrebbe essere lento e graduale”, ad opera di “persone sincere, pronte a sostenere gli interessi nazionali e la stabilità grazie alla propria professionalità […] e all’impegno morale di non uccidere la stampa”.
Quando l’incontro si è avvicinato alla sua conclusione, la voce calma e controllata di Khalid Hamad Al-Malik si è aperta a sottili note di un entusiasmo che ha lasciato spazio a qualche sorriso. Il direttore di Al Jazeera Newspaper ha invitato tutti a visitare il suo Paese, illustrando con orgoglio l’enorme processo di sviluppo in atto e raccontando alcuni storie che tratteggiano la fierezza dei cittadini arabi – tra l’incentivazione agli scambi culturali (con l’attivazione di 150.000 borse di studio nelle decine di Atenei e College) e il sostegno economico alle famiglie (grazie alla costruzione di abitazioni gratuite e sostentamento ai disoccupati).
Hamad Al-Malik ha concluso con un grande insegnamento: “Nessuna persona saggia farebbe propri atteggiamenti a favore della distruzione di quello che di buono è stato fatto nel mondo arabo”. Ciò è valido nel suo Paese, come nella nostra realtà. Nel giornalismo, come nella vita.