La terra di nessuno
Solo guerre e paura: da anni Palestina e Israele non conoscono confini. Quanto tempo dovrà ancora passare perché quelle terre abbiano un nome?
di Martina Martelloni
Un tempo dominio inglese, per anni la Palestina è stata la terra di tutti e di nessuno. Destino, il suo, deciso da altri. Quegli altri che un tempo rappresentavano un potere coloniale e che poi, dal 1948 – con la fine della disfatta umanitaria della seconda guerra mondiale – ha visto proclamare su di sé lo Stato d’Israele. Da questo momento in poi tutto cambia e niente riuscirà ad approssimarsi a quel nobile concetto catalogato sotto il nome di “pace”.
Il XXI secolo è stato ed è tuttora portatore di metamorfosi politiche, economiche e sociali. L’intero pianeta si trova oggi a respirare aria contaminata: quella dei mutamenti climatici, quella dei mutamenti sociopolitici – a partire dalla forza travolgente di quel presidente afroamericano che una settimana fa ha parlato al popolo israeliano (eterno alleato statunitense) pronunciando parole taglienti ma vere. Vere a tal punto da riuscire a riaprire le orecchie di quanti ancora stentino ad ascoltare
In occasione della sua visita nella scalpitante regione Mediorientale, Barack Obama non ha avuto timore di osare un passo oltre la diplomazia – verso il riconoscimento di quella vita perennemente in bilico dei palestinesi. Democrazia e pace israeliana con uno Stato Palestinese fatto di terra, popolo, cultura, sovranità e soprattutto rispetto internazionale.
Il governo di Israele da anni veicola e controlla i passi e lo sguardo dei cittadini palestinesi, che oramai non riconoscono più quale sia la strada di loro appartenenza. Si muovono ovunque, i militari israeliani. Il posto di blocco è arma di osservazione e assoggettamento. Ce ne sono tanti, troppi e la libertà è tendente all’ invisibile.
Il discorso che Obama ha rivolto agli attenti studenti israeliani si è trasformato in un grido alla sicurezza, alla pace e alla prosperità. Ma sia chiaro: la forza retorica e morale non è affatto doverosa né tantomeno conseguente, per dimostrare la propria sicurezza. Il presidente statunitense ha guardato dritto negli occhi di quei ragazzi israeliani, cercando di farli immedesimare nella persona di una qualunque bambina palestinese – Barack Obama è ben consapevole di quanto la sicurezza possa essere considerata come forza. I suoi genitori sono stati sotto le mira israeliane in ogni singolo movimento, in ogni singolo spostamento.
Nel 1974, Arafat dichiarò davanti ai membri delll’Assemblea generale dell’Onu la nascita della OLP – l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina. Il ramo di ulivo, di cui egli parlò metaforicamente quasi fosse tenuto nelle sue mani, ha visto sbocciare il suo primo germoglio solo qualche mese fa. Nel dicembre del 2012 le Nazioni Unite hanno conferito lo status di Stato osservatore non membro alla Palestina – innalzando fumi di polemiche all’interno delle comunità ebraiche.
Gli Usa come ponte di riconciliazione tra i due popoli: più volte la Storia ci ha mostrato queste pagine, difficilmente scorrevoli. Ora, si sta ripetendo lo stesso lancio della fune, ma affilate lame tentano di tagliarne le fila.
Molti, infatti, sono i Paesi del Medio Oriente e dell’Africa subsahariana che fanno della questione palestinese un sasso da lanciare contro Israele e l’odio religioso. Debole la leadership di Abu Mazen, terribilmente plasmabile la sua posizione rispetto al governo israeliano – almeno secondo quanto affarmato dai governi di Iran, Turchia, Egitto, Qatar ed Arabia Saudita, i quali seguono gli sviluppi dell’eterna questione, inevitabilmente soggiogata ai propri interessi nella regione.
Questa colonizzazione – che ha portato nelle tasche di Israele il 12% di territorio in più rispetto ai confini decretati nel 1967 – si è scontrata con reazioni che sebbene un tempo sembrassero inimmaginabili, oggi sono all’ordine del giorno. Reazioni palestinesi di aggressioni od attentati suicidi. C’è chi fa guerra con le armi e chi la fa con il proprio corpo. Pur sempre in nome del medesimo, inderogabile diritto.