Il conto salato pagato dalla cultura
Lo scandalo finanziario che ha travolto la banca Monte dei Paschi non ha risparmiato nemmeno la Fondazione. A pagarne le conseguenze sono le organizzazioni culturali di Siena e della Toscana
di Alessia Signorelli (@signorellialexa)
Che tirasse una brutta aria, questo già si sapeva da tempo, oramai, e il declino è stato rapidissimo: nel giro di tre anni, la Fondazione Monte dei Paschi, creata nell’agosto del 1995 e preposta a quello che in inglese si definisce “patronage” di istituzioni ed associazioni culturali della città di Siena in particolare e della regione Toscana più in generale, è passata da finanziamenti di 80 milioni di euro, destinati ad istituzioni ed organi locali, con un 15, 6 milioni dedicati al patrimonio culturale a progetti d’arte del 2010 ad un crollo tale da costringere la Fondazione a “chiudere i rubinetti” e a portare avanti un unico finanziamento, quello dell’Accademia Musicale Chigiana, punta di diamante della cultura musicale della città di Siena, che quest’anno riceverà 1 milione di euro, a fronte dei 2, 85 milioni ricevuti nel 2011.
Complice la crisi, ma soprattutto lo scandalo finanziario che ha travolto la banca Monte dei Paschi, la più antica del mondo (fondata nel 1472) e la terza più grande d’Italia, la Fondazione Monte Paschi si è vista costretta a sospendere i finanziamenti, se non quando richiederli proprio indietro.
E’ la tetra rassegna stampa del settembre dello scorso anno, a donarci un quadro inquietante e desolante della situazione della Fondazione.
L’8 di settembre, Il Tirreno, nella sua versione online, riportava l’ultimo consuntivo di bilancio della Fondazione, approvato nel mese di luglio, che presentava un disavanzo di più di 331 milioni di euro contro i 128 del “glorioso” 2010, ultimo anno di grandezza della Fondazione. A fronte di questo tracollo, la provincia di Grosseto rinunciava ad un milione di euro già incamerati, attraverso uno schema di convenzione (proposto dalla Fondazione stessa) in cui si deliberava la restituzione “dei contributi concessi nel periodo 2007-2010”. In realtà, i soldi da restituire ammontavano solamente alle ultime due erogazioni – in quanto la provincia di Grosseto aveva già investito gran parte dei finanziamenti – una relativa ad un lavoro già portato e conclusione e l’altra stanziata per la realizzazione della strada provinciale delle Aiole.
Tre giorni prima, il 5 settembre 2012, il Corriere Fiorentino titolava proprio “Senza soldi la Fondazione del Monte. Stop ai bandi e agli aiuti”.
Tuttavia, a gennaio 2013, con l’approvazione di un documento Programmatico Previsionale, la Fondazione ha voluto ribadire il suo sostegno al territorio, seppure attraverso modalità diverse, quindi non più (oltre che non solo) erogazioni, ma anche tramite azioni di fundraising e ricerca di stakeholders e sponsors, andando quindi a cambiare totalmente, a fronte delle difficoltà estreme in cui si trova il Monte dei Paschi, la propria mission.
Ma questo non basta. Tra gli enti fondamentali, sostenuti dalla Fondazione, c’è (c’era?) la Fondazione Musei Senesi, che, nelle parole di Luigi Di Corato, direttore generale, riportate in un recente articolo del The Art Newspaper, sta già cercando una propria “indipendenza” dalla Fondazione, tramite la ricerca di partnerships con società quali Microsoft o Google.
E il resto? Il resto è tutto sospeso.
Non basta la positività di Anna Carli, amministratore delegato del Marchio Consorzio per la Tutela del Palio di Siena e Coordinatrice dell’Unità Operativa Siena candidata a Capitale Europea della Cultura 2019, relativamente, appunto, alla corsa della città toscana per questa carica (gran parte del lavoro svolto fino ad ora è stato finanziato proprio da MPS), a dissipare il senso di impotenza e gravità davanti al crollo di una delle istituzioni bancarie prima e culturali poi più importanti d’Italia e alle altrettanto gravi conseguenze per quelle istituzioni e quella gran parte di patrimonio che è stato trascinato nella caduta.
E’ fermo il restauro di Santa Maria della Scala, uno dei più antichi ospedali europei, ora trasformato in museo di vitale importanza per il fermento culturale della città, che ammonta a 52 milioni di euro.
Come se il tempo si fosse dolorosamente e bruscamente fermato, non si può tornare indietro, ma non si può nemmeno andare avanti, intrappolati in un meccanismo di interdipendenza. Si era persino paventata una vendita all’asta della collezione della Fondazione Monte Paschi, immediatamente smentita da Gianni Tiberi, capo comunicazione per la Fondazione, il quale però, ha ammesso che, purtroppo, visto il momento, le cose sulle quali la Fondazione deve concentrarsi sono ben altre.
A rimetterci, come sempre, duole dirlo, ma è la realtà dei fatti, è il patrimonio culturale non solamente di una città, ma di una nazione intera, l’Italia, che, vuoi a causa di tagli “programmati”, vuoi a conseguenza di spaventosi dissesti finanziari, diventa l’agnello sacrificale quando proprio da esso, dal suo corretto “utilizzo”, si dovrebbero trarre le risorse per rimettere in piedi l’economia del Paese. Un tempo, le fondazioni erano gli istituti “salvifici” della cultura, numi protettori dell’arte e del patrimonio. Adesso, in un’epoca in cui persino il concetto di barbarie sta cambiando volto, si fa del tutto per salvare, giustamente e legittimamente, il salvabile, dimenticandosi, però, che, volendo, ogni metro d’Italia potrebbe avere, in potenza, la chiave per ricominciare a rimettersi in piedi.
Una risposta
[…] Negli ultimi mesi abbiamo sentito spesso nominare la città di Siena, a causa di quel vaso di Pandora finanziario -e non solo – che risponde al nome di scandalo Montepaschi le cui ripercussioni dal punto di vista culturale, sono state già trattate qualche tempo fa da questo settimanale. […]