La generazione “Neet” e le risorse della rete
Un confronto tra una realtà di disagio occupazionale e le nuove possibilità di internet
di Lorenzo Tagliaferri
Neet è l’acronimo di “Not in Educational Employement or Training” e rappresenta l’evoluzione peggiore della situazione economica critica che sta attraversando l’Europa e l’Italia in particolare. Appartenere alla “generazione a rischio” Neet (così come è stata definita da molti sociologi) significa essere un giovane, prevalentemente tra i 15 ed i 29 anni che non studia, non lavora e, in molti casi, che ha rinunciato a cercare un’occupazione.
Nel Vecchio Continente gli ultimi dati a riguardo vengono dal rapporto fornito dalla Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro che, riferendosi al 2011, parla di oltre 7 milioni di giovani tra i 15 e i 24 anni esclusi dal mondo del lavoro e dell’istruzione e di oltre 6 milioni per la fascia di età tra i 25 e i 29 anni. Numeri pesanti che sottolineano il continuo aumento delle percentuali (nell’ordine dei 2-3 punti) rispetto all’analisi datata 2008.
In Italia la situazione presenta i contorni allarmanti del dramma soprattutto al sud. Secondo Save the Children sono circa 1.620.000, nel meridione e sulle isole, i giovani tra i 18 e i 24 anni che non sono iscritti in istituti scolastici, o in università, che non lavorano e che non frequentano alcun corso di formazione. Si calcola che i tassi di giovani che presentano queste caratteristiche, nel mezzogiorno, sono inferiori solo se paragonati ad alcune regioni della Turchia.
Tuttavia, nel profondo sud Italia quella dei Neet sembra essere solo la punta di un iceberg assai più grande. Vanno considerati, infatti, in maniera più che preoccupante i dati riguardanti i cosiddetti “disconnessi culturali”, ovvero tutti quei bambini e adolescenti dai 6 ai 17 anni che non hanno mai frequentato un cinema o aperto un libro, che non hanno un pc o un facile accesso a internet o che, addirittura, non hanno mai fatto sport.
Questa “disconnessione” è un pesante limite verso un universo che sta conoscendo una forte espansione e che rischia di morire in alcune zone del paese dove gli effetti sociali distorsivi, direttamente collegati alla mancanza di progresso di molte realtà rurali, sono ancora troppo presenti e imperanti. Sono infatti circa 700.000 i minori che si trovano a vivere nei 178 comuni che negli ultimi 20 anni sono stati sciolti per mafia, con una dislocazione che copre le regioni di Calabria, Puglia, Sicilia, Campania, Lazio, Liguria e Piemonte.
Al numero di minori che si trovano a convivere con realtà caratterizzate da infiltrazioni mafiose nelle istituzioni va direttamente collegato quello dei posti di lavoro creati in 15 anni dalla realtà di internet. Esattamente 700.000. Il dato è estrapolato dal rapporto Crescita Digitale – Come internet crea lavoro, come potrebbe crearne di più, studio effettuato dal Professor Marco Simoni della London School of Economics e da Sergio De Ferra, PhD student alla London School of Economics.
Il rapporto mette in evidenza numeri che vanno dai più incoraggianti e realistici sull’internet economy, che nel 2010 è stata in grado di garantire il 2% del PIL, fino a numeri più lungimiranti che suggeriscono come un ipotetico aumento della diffusione sul territorio di internet del 10% porterebbe un aumento complessivo dell’occupazione dello 0,44% e un aumento dell’occupazione giovanile dell’1,47%. Si tratterebbe di centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro creati solo grazie allo sviluppo della banda larga.
Il tiepido interessamento delle istituzioni per l’universo internet è l’ennesimo episodio di un lassismo ingiustificabile. Partendo dal presupposto che ogni singolo altro approccio sembra portare come risultato un fallimento sulla questione lavoro, si potrebbe pensare ad un sicuro successo fornendo i mezzi utili alla crescita a tutte quelle aziende che di internet ci vivono.