Mafie e transnazionalità
Ghigliottina alla presentazione a Roma del libro pubblicato dal magistrato DDA di Napoli Giovanni Conzo e dal giornalista de ‘Il Mattino’ Giuseppe Crimaldi
di Adalgisa Marrocco
Dalla mafia alle mafie, importazione e sviluppo della criminalità organizzata transnazionale in Italia. Di questo si è parlato durante la presentazione del libro Mafie: la criminalità straniera alla conquista dell’Italia, scritto a quattro mani dal magistrato della Direzione Distrettuale Antimafia Giovanni Conzo e dal giornalista de Il Mattino Giuseppe Crimaldi, pubblicato da Edizioni Cento Autori.
L’evento, tenutosi presso l’Auditorium della Cappella della “Sapienza” Università di Roma, ha visto la partecipazione di magistrati impegnati nella lotta alle mafie e di giornalisti esperti nel campo, ma anzitutto delle ministre Paola Severino e Anna Maria Cancellieri, la prima titolare del dicastero della Giustizia e l’altra di quello dell’Interno. Ghigliottina era presente all’incontro per capire meglio l’anatomia di queste nuove forme d’illecito malavitoso.
Un appuntamento per riflettere su fenomeni criminali consolidati come Mafia, ‘Ndrangheta e Camorra, ma anzitutto sul melting pot criminale sviluppatosi nel Belpaese. All’aldilà di quelle autoctone, le organizzazioni che operano sul nostro territorio sono, etnicamente parlando, assai variegate: si va dalla malavita albanese e romena, passando per quella nigeriana e sudamericana, fino ad arrivare a quella cinese. L’economia di fenomeni si basa, con le dovute differenziazioni, sulla prostituzione, sul traffico di stupefacenti, su forme di “schiavismo” per manovalanza clandestina e, infine, sulla contraffazione.
Ma quanto queste mafie somigliano a quelle nostrane? Purtroppo non in tutti i casi è possibile punire i reati della malavita straniera attraverso l’articolo 416 bis del nostro Codice Penale, a causa di sottili tratti distintivi che svincolano gli illeciti da questa legge, studiata ad hoc per perseguire i fenomeni italiani, consolidati e morfologicamente conosciuti.
Rimane il fatto che se la criminalità straniera è riuscita a penetrare lungo tutta la Penisola, il (de)merito è anzitutto delle mafie autoctone. Anzi, di una mafia autoctona. Gli autori del libro spiegano, infatti, come sia unicamente la Camorra a stringere alleanze con la malavita transnazionale.
Mafia, ‘Ndrangheta ed anche Sacra Corona Unita sono legate ad un codice d’onore interno che vieta qualsiasi spartizione o amicizia con soggetti criminali terzi. La Camorra, invece, più che all’onore, pensa al guadagno. E le coalizioni mafiose “multietniche” di guadagni ne garantiscono, eccome. Il terreno è reso fertile anche dalla disponibilità di soggetti deboli della popolazione a commettere reati (si veda, ad esempio, lo spaccio ed il trasporto di stupefacenti).
Ricordare le vittime che nessuno ricorda ed istruire su illeciti poco conosciuti dall’opinione pubblica: ecco i due obiettivi fondamentali del libro Mafie, secondo Conzo e Crimaldi. Paola Severino, ministro della Giustizia, ha parlato di “import-export” di modelli criminosi: dall’atavica diffusione della mafia italiana nel mondo, al ritorno dei suoi prodotti in Italia. Un ciclo criminale che inquina la salute del nostro tessuto sociale.
Il ministro Cancellieri, a conclusione del dibattito, ha invece sottolineato come, tra i fattori che hanno permesso una maggiore permeabilità del nostro Paese alle infiltrazioni mafiose straniere, ci sia la rete. Le nuove tecnologie come passaporto per la criminalità, dando vita a più facile circolazione di risorse finanziarie e comunicazioni più veloci.
Se nel dopoguerra Leonardo Sciascia diceva (con lungimiranza) che “la linea della palma” mafiosa sarebbe risalita inesorabilmente dal Sud al Nord Italia, nel 2013 è palese come questa palma abbia sviluppato innumerevoli ramificazioni, valicando le Alpi e toccando lontani continenti. Rami che sono tornati a tormentare il proprio tronco, già da un po’. Bisognerà spezzarli.
Una risposta
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