Il Venezuela sceglie la continuità
Al delfino di Chavez bastano 235.000 voti, ma Capriles vuole il riconteggio
di Guglielmo Sano
In mattinata il Consiglio elettorale del Venezuela ha diffuso i dati delle elezioni: intorno alle 8.00 il popolo venezuelano ha conosciuto il suo nuovo presidente, il primo delle nuova era, dopo 14 anni di Chavez. Maduro ha ottenuto poco più di 50 punti percentuali e Capriles poco meno – il primo ha ottenuto il 50,66%, il secondo 49,07%, lo scarto tra i due candidati è di soli 235.000 voti. L’affluenza si è attestata intorno all’80%, in netto aumento rispetto alle ultime presidenziali del 2012.
Vittoria al nastro di lana, dunque, per il “prescelto” dal presidente Chavez. Maduro ha salutato gli elettori, raccoltisi in massa sotto al Palazzo Miraflores, rinnovando il legame col compianto presidente: “la mia vittoria dimostra che Chavez continua a vincere le sue battaglie” ha detto. Capriles, da parte sua, già nella notte cominciava a parlare di brogli e irregolarità attraverso i social network: “Alertamos al país y al mundo la intención de querer cambiar la voluntad expresada por el Pueblo!” aveva scritto in un tweet stanotte. Adesso il leader dell’opposizione anti-chavista chiede il riconteggio dei voti: scheda per scheda, urna per urna.
Sarebbe una situazione normale in molti paesi del mondo, invece in Venezuela la tensione rimane alta. Il nuovo presidente ha invitato l’opposizione ad accettare il risultato in modo da mantenere la pace e l’equilibrio interno del Venezuela. Capriles dice di aver la possibilità di dimostrare numerose irregolarità nei seggi – che a quanto sostiene sono stati tenuti aperti oltre gli orari consentiti. Non accetterà, dunque, il risultato elettorale prima del riconteggio – benché il Consiglio elettorale ha dichiarato i risultati come “irreversibili”.
Capriles sa benissimo di aver perso, probabilmente vuole prendere tempo e puntare sulla possibilità di dichiarare l’esito un too close to call. Troppo poco lo scarto tra i due, quindi perché “non battere il ferro finché è caldo” cercando di far maturare nei venezuelani l’idea di un sostanziale pareggio? Il leader dell’opposizione si è autonomamente eletto come “vero” vincitore delle elezioni, dopo aver rimontato Maduro di 700.000 voti negli ultimi mesi. Il risultato ufficiale però non trova spazio per ulteriori rimostranze dell’opposizione, invitata a dimostrare responsabilità – solo a partire dai prossimi mesi potremmo accertare se la democrazia nel paese sudamericano si dimostrerà forte.
Maduro per il momento festeggia illustrando il suo piano per il Venezuela, sempre e comunque nel segno di Chavez: aumento della produzione di cereali, oli, ortaggi, caffè e cacao, ampliamento dell’approvigionamento di ferro e bauxite, aumento dei fondi per la costruzione di infrastrutture, incremento e modernizzazione delle forze armate, ascolto garantito per tutte le voci del Venezuela. Ma il verdetto delle elezioni non fa sconti neanche alla sinistra chavista – fortemente indebolita e dimidiata dopo la morte del suo indiscusso leader.
La retorica di Capriles ha colpito nel segno, evidenziando a un tempo i privilegi della boliborghesia – la borghesia nata dalle riforme di Chavez – e la corruzione diffusa nella società venezuelana, le scelte economiche sbagliate, la politica estera rischiosa. Parole che hanno fatto breccia in molti elettori – mentre parecchi altri lo hanno votato semplicemente perché “Maduro non è Chavez”, come lo stesso Capriles ama ricordare.
Il paese si è spaccato in due parti che non sembrano voler comunicare tra loro, che si ricordano vicendevolmente i propri vizi, che non sembrano e non vogliono avere niente in comune. Il Venezuela si è spaccato in due metà simmetriche e parallele: questo è l’insidacabile verdetto che viene fuori dalle urne.
La vera prova cui il paese è chiamato comincia da questo momento, che prima o poi doveva arrivare: Chavez ha indicato la sua strada per il Venezuela, bisognerà vedere se il Venezuela vorrà e potrà percorrerla.