Il totonomi
Proseguono i tentativi di trovare un accordo sul prossimo inquilino del colle, tra i veti del Pdl, le “quirinarie” dei grillini e lo stallo del PD
di Alessia Ricci
Continuano gli sforzi per definire il misterioso identikit del prossimo Presidente della Repubblica, che dovrebbe soddisfare un po’ tutti, da Vendola a Berlusconi, passando attraverso il Pd e puntando ad ottenere anche il contributo dei grillini. Tutto questo nella speranza di arrivare alla sua elezione entro i primi tre scrutini, quando occorre la maggioranza dei due terzi, il che porterebbe ad una soluzione tutta in discesa dell’ “enigma governo”. Le elezioni a giugno non le vuole proprio nessuno, neppure Grillo, essendo già in calo nei sondaggi.
Intanto, la partita si fa sempre più difficile dopo i veti incrociati tra Bersani e Berlusconi sul governo di larghe intese e la candidatura di Romano Prodi al Colle. La rosa dei nomi apprezzati dal Pdl resta la stessa: Giuliano Amato, Massimo D’Alema, Luciano Violante, Franco Marini. Potrebbe andar bene anche Anna Finocchiaro, come indicato esplicitamente da Renato Schifani. Non manca il candidato di bandiera dal profilo internazionale, Franco Frattini, noto alle cancellerie straniere.
In realtà, il Pdl vorrebbe un presidente del salvacondotto e il nome più temuto resta quello di Romano Prodi, amico di Bersani. A dirla tutta, Prodi sarebbe inviso anche a Matteo Renzi, che si conferma essere sempre più un “cane sciolto” all’interno del Pd, in una fase delicatissima che oltre al voto per l’elezione del successore di Giorgio Napolitano comprende la concreta possibilità di elezioni anticipate nei prossimi mesi.
Le cose al Nazareno appaiono poco chiare, non si scoprono le carte. Di conseguenza l’ex rottamatore, sempre più distante dal segretario Bersani, torna a bocciare i nomi che circolano nel partito: “Il profilo che va bene è quello di un nome che coinvolga la maggioranza più alta possibile”. Ma questo profilo, secondo lui, non appartiene né a Franco Marini né ad Anna Finocchiaro. Marini, per il sindaco di Firenze, non andrebbe bene perché già bocciato come Senatore dagli elettori in Abruzzo alle ultime elezioni. Per quanto riguarda la Finocchiaro, invece, ricorda polemicamente le foto della sua spesa all’Ikea con la scorta.
Grillo, invece, per la scelta dei “Papabili” al Colle si è rivolto al web lanciando le “quirinarie”. E’ interessante notare come nella rosa dei dieci candidati comparivano anche due veterani della politica: Romano Prodi ed Emma Bonino. Prodi era già ministro del governo Andreotti nel lontano 1978, mentre la Bonino è in politica dal 1975. Allora ci si domanda il reale motivo di tale scelta. Nel caso di Prodi si può supporre che sia prevalsa la volontà istigare Silvio Berlusconi, votando il candidato più temuto dal Cavaliere. Più complesso il caso di Bonino, che è stata otto volte parlamentare tra camera e senato, tre volte parlamentare europea, ministro, vicepresidente del senato, commissaria europea nominata da Berlusconi e candidata del centrosinistra alle regionali nel Lazio.
Emma Bonino, fu sconfessata da Grillo già mesi fa. Da sempre liberista, ha sponsorizzato la privatizzazione dell’acqua e ha promosso i prodotti ogm senza etichettature. Questo il nuovo che avanza! Senza dimenticare che i restanti erano quasi tutti maschi dell’età media di 74 anni. Tanto per appoggiare la gerontocrazia maschile da sempre predominante in questo paese. Il Web, invece, premia Milena Gabanelli, volto noto e stimato del giornalismo.
Anche se, con maggiore probabilità, la partita politica con gli altri partiti potrebbe giocarsi sul nome di Rodotà, “piazzatosi sul terzo gradino del podio”. Infatti, la giornalista di Report nei giorni scorsi aveva fatto capire di non essere interessata.
Di certo, se il Pd continua a stare fermo subendo l’iniziativa e le preferenze di Grillo e di Berlusconi, rischia di importare al suo interno i prodromi della crisi che sta paralizzando l’intero sistema politico. Il Pd ha il diritto-dovere d’iniziativa, ma non sa decidere. Tre i nodi da sciogliere: andare al voto anticipato? Sostenere un governo a guida Bersani o proporre soluzioni alternative? Soprattutto, puntare ad un nome condiviso col Pdl o con i grillini? Su ognuna di queste opzioni, dopo il poco brillante risultato elettorale e un mese di logoramento sul governo impossibile, il partito rischia di scivolare ed implodere.
Pertanto, è necessario che Bersani scelga un nome di alta caratura istituzionale, che sia al fuori della burocrazia di partito e che lo proponga al Paese, motivandone la scelta e illustrando le ragioni per cui quel nome può essere di garanzia per tutte le culture politiche presenti in Parlamento.
(fonte immagine: www.giornalettismo.com )