Il governo del salvacondotto
Visto che nessuno era in grado di assicurargli un salvacondotto, non gli rimaneva che sostenere un governo ad alta concentrazione berlusconiana: solo così potrà appellarsi all’immunità
di Alessia Ricci
La nascita del governo Letta costituisce la tipica rappresentazione del teatrino della politica italiana. Alla base lo stallo istituzionale post-elettorale che si è protratto per ben due mesi e che ha reso di fatto impossibile formare un governo, a causa dei diversi veti incrociati. Si sarebbero potuti fare nomi al di fuori dei partiti, si sarebbe potuto evitare il “Bersani o niente”, ma l’egocentrismo dei partiti e non, lo ha di fatto impedito. Nonostante un discorso abile e pieno di promesse il governo Letta mostra tutta la sua debolezza politica, soprattutto per il presupposto di subalternità e di alleanza vincolante con Berlusconi.
Letta dovrà pagare a quest’ ultimo tre pesanti dazi. Innanzitutto, la probabile candidatura di Berlusconi a presidente della convenzione delle riforme, la parziale cancellazione della tanto odiata Imu sulla prima casa, nonché il passaggio ad un regime semi – presidenziale con “l’investitura popolare” dell’esecutivo. Letta, nel suo discorso alla Camera, ha dichiarato con ostentata sicurezza che tra 18 mesi ci sarà una prima verifica sulle riforme istituzionali. Questo passaggio sta ad indicare che ha intenzione di governare a lungo, o almeno, fino a quando Berlusconi – che controlla il suo governo- glielo consentirà.
Non sono mancate le promesse, quello che non si capisce è come le manterrà. Si parte dall’abolizione dell’Imu, si prosegue con la sospensione dell ‘aumento dell’Iva a partire da luglio, per concludere con il rifinanziamento della cassa integrazione in deroga, servirebbero oltre 10 miliardi di risorse. Ma dove si troveranno le risorse, Letta questo non l’ha detto. Il timore paventato da molti è quello di altri tagli: alla scuola, alla sanità, alle pensioni.
Nell’Italia dell’Inciucio, il nuovo governo rappresenta la minoranza del paese. Si pensi che la metà dei parlamentari è stata eletta nelle liste del Pd, da cittadini che avevano ascoltato Bersani giurare “con Berlusconi mai, nessun accordo per nessun motivo” e promettere “una vera svolta”, addirittura più radicale di quella proposta da Grillo. Due italiani su tre hanno votato per il cambiamento, per chiudere con un ventennio quasi di imbrogli e impunità, che ha condotto l’ Italia sull’orlo del baratro. Gli stessi italiani che ora si ritrovano invece con un governo Napolitano/Berlusconi
Nel corso degli ultimi vent’anni PD e PDL hanno chiesto agli elettori voti e sostegno proprio in nome dello scontro. Chi non votava per il centrodestra allora era un comunista, chi non stava con il centrosinistra era amico di Berlusconi. Eppure, questo governo delle larghe intese costituisce l’effetto naturale di un processo che ha visto la graduale omologazione di tutti i contenuti proprio della politica, a destra come a sinistra.
Il concetto di governabilità, di mercato, di privatizzazione, di flessibilità del lavoro, di austerità, di rispetto delle alleanze internazionali, costituiscono dei termini sul cui significato le diversità che caratterizzavano i principali schieramenti politici si sono progressivamente affievolite, fino a dissolversi completamente nell’ultimo anno e mezzo di sostegno al governo Monti. La crisi economica ha solo agito da acceleratore di un processo già in atto. Questo governo, realizzato a tavolino da Napolitano, Letta-zio, Letta-nipote e Berlusconi, costituisce l’ atto finale e definitivo che sancisce la sparizione della sinistra italiana. Il Pdl è riuscito ad ottenere posti chiave da cui può controllare e impedire ogni eventuale mossa che possa in qualche modo danneggiare il padrone. Le spese militari sono in mano a Cl, pertanto garantite, l’interno è di Al Fano.
C’è Grillo che ora grida all’inciucio e alla esclusione dalle commissioni che di solito toccano all’opposizione. Ha avuto l’occasione di fare il governo, di eleggere il presidente della Repubblica, di liberarsi di Berlusconi e invece ha preferito barricarsi nel suo castello.
Nessuna traccia del tanto acclamato “governo del cambiamento” , l’unica cosa certa resta la continuità con Monti e le politiche europee.
(fonte immagine: peccatore.gqitalia.it)