La rockstar e il fotografo
Al Lyman Allyn Art Museum, fino al prossimo 10 agosto, in mostra le opere della controversa Courtney Love insieme a quelle del fotografo David LaChapelle in “Mentoring Courtney Love”. E per chi non può andare, la mostra è visitabile online
di Alessia Signorelli
Sembrerebbe, ai più distratti, un’ “accoppiata” insolita, quella tra Courtney Love e il fotografo dell’eccesso e del commento sociale a modo suo David LaChapelle. E invece, fila tutto. La prima, sono davvero in pochi a non conoscerla e a sapere ben poco della sua parabola. Amata ed odiata in egual misura, Courtney rappresenta ancora (anche se qualcuno storcerà già il naso) un pezzo immortale di storia della musica e della società – perché ci piaccia o meno, la signora Love, con tutti i suoi eccessi, i suoi “difetti”, quello che vi pare, ha dato un contributo impressionante nel riscrivere il ruolo della donna all’interno della musica, dando il colpo di grazia, insieme alla sua band Hole (“buco”, in inglese) all’immagine di “donna angelicata della musica” che, prima di lei e contemporaneamente a lei, avevano iniziato a smantellare figure come Janis Joplin e le signore del punk e post-punk (tra le quali spicca Siouxsie Sioux). Scomoda, tossica esagerata ma immortalmente iconica. Tanti non le perdonano di essere stata la moglie e poi la vedova di Kurt Cobain, da quale ha avuto la figlia Frances Bean.
“La donna più controversa della storia del rock”, così il magazine Rolling Stone ha definito Courtney.
David LaChapelle, invece, è il fotografo del post-dadaismo schizzato di colori acidi e situazioni da favola cattiva malgrado le tinte fluo e da zucchero filato. Famoso per il suo iper realismo, per la sfacciataggine con cui ritrae soggetti vip e non solo, inserendoli in contesti simbolici, densi di riferimenti alla società in cui viviamo, ai suoi falsi miti, alle sue mille idolatrie schizofreniche che mutano con velocità spiazzante, svelando, con inquietante leggiadria, voyeurismi e perversioni, lati oscuri imbellettati e volgarità ingioiellate. Non stupisce, quindi, che l’incontro trai due abbia dato vita alla mostra “Mentoring Courtney Love”, presso il Lyman Allyn Art Museum di New London, nel Connecticut, visitabile fino al prossimo 10 agosto.
Il loro incontro è racchiuso tutto in quel “mentoring”, che richiama un po’ all’antichità, quando un maestro esperto e lungimirante, prendeva sotto la sua ala quell’allievo le cui peculiarità e anche, perché no, stranezze lo rendevano il soggetto ideale per portare avanti le proprie visioni o quelle ad esse complementari, adoperandosi di conseguenza per permettere al proprio pupillo di diventare “qualcuno”.
“Che gli piaccia o no, David è stato un vero e proprio mentore, per me.” ha dichiarato Courtney, i cui lavori, tutti ritratti ed autoritratti, fatti su carta ma con materiali che vanno dal carboncino, ai pennarelli, ai gessetti, al rossetto, sono esposti insieme a quelli di LaChapelle, creando un contrasto tra il mondo intimo, complesso, personalissimo e a tratti ancora fanciullesco della Love (che, per un breve periodo coinciso con uno iato temporaneo della band, ha studiato arte San Francisco) con quello chiassoso, colorato, iper-definito ed iper-reale del fotografo – che le ha comperato i colori e le ha spiegato le differenze nell’utilizzo di quel determinato tipo di carta con quel determinato tipo di colori. Due mondi paralleli fra loro, che però si completano e si incontrano su più livelli.
E per chi non potrà visitare di persona la mostra, c’è una gradita e gradevole sorpresa pensata dal Lyman Allyn Art Museum, che si inserisce di diritto nel solco del connubio tra web e musei per rendere arte e mostre visitabili virtualmente anche per chi vive dall’altra parte del mondo (quando si dice la democratizzazione senza confini dell’esperienza visiva): attraverso la collaborazione con l’innovativa piattaforma DOT DASH 3, specializzata nelle tecnologie di visualizzazione per l’arte online, il museo ha reso “Mentoring Courtney Love” una vera e propria mostra virtuale, visitabile via web fino al giorno della chiusura. Basterà connettersi al sito web del museo. Non avete scuse.