Serata di apertura per il MAshRome Film Fest

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Segnalata tra gli Special Mash Events, la serata d’apertura della seconda edizione del MAshRome Film Fest si è svolta all’Aranciera di San Sisto con la proiezione dei primi sei film in gara ed il live dei Pollock Project

di Isadora Casadonte

© Isadora Casadonte

© Isadora Casadonte

Se al MACRO è spettato l’onore di ospitare l’Opening Event del festival il 7 Maggio con la presentazione del film fuori concorso Final Cut – Ladies and Gentlemen di Gyorgy Palfi, l’Opening Night del MAshRome Film Fest si è celebrata ieri nella suggestiva location romana dell’Aranciera di San Sisto.

In apertura di serata abbiamo rivolto alcune domande ad Alessandra Lo Russo, direttrice di MAshRome insieme a Mariangela Matarozzo, per ribadire la linea artistica del primo festival in Italia dedicato al remix e al mash up cinematografico.

L’Opening Night del festival è arrivata. Con l’esperienza della prima edizione alle spalle, il lavoro di quest’anno come si è evoluto?

Alessandra: “L’obiettivo del MAshRome Film Fest di quest’anno resta lo stesso: elevare a dignità artistica un linguaggio che sia mescolanza di cinema, musica e diverse forme d’arte. La prima edizione è stata realizzata l’anno scorso con grande fatica ma ha ottenuto un grande successo. Abbiamo ricevuto 500 film da tutto il mondo tra cui ne abbiamo selezionati 50, mentre quest’anno ne abbiamo ricevuti 1000 tra i quali sceglierne 99, numero che ci rappresenta e che trae spunto da uno dei film che presentiamo: “99 Problems” di Diran Lyons. Inoltre le categorie quest’anno sono aumentate, sono sette: MashPrime, Animation, Experimental, Documentary, Lyrical, Remix e Music”.

Parlando di mash up, possiamo far riferimento ad una “mescolanza” di persone oltre che di linguaggi artistici?

Alessandra: “Sicuramente la mescolanza interviene anche nel momento in cui coinvolgiamo diversi target: abbiamo numerosi artisti, architetti, giornalisti e critici che partecipano al festival, così come una giuria composta da personalità appartenenti al mondo del teatro, dell’arte, della radio che formano quindi un mix di punti di vista”.

(C)Isadora Casadonte

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La scelta di questa location come si inserisce negli obiettivi del festival?

Alessandra: “La scelta della location è ancora una volta non convenzionale, come l’anno scorso lo è stata l’Acquario Romano, scelta di cui tra l’altro ha parlato L’Università La Cattolica nel suo saggio sui luoghi del “post cinema”, sottolineando la direzione intrapresa da MashRome verso i “luoghi altri” del cinema, quelli non convenzionali appunto”.

Possiamo dire che il mash up ribadisca la centralità dell’arte come linguaggio che superi il divario delle differenze linguistiche ed offra un canale di comunicazione universale?

Alessandra:“Sì, è esattamente così. Il mash up è infatti un linguaggio che si rivolge ad un pubblico che è un melting pot di persone. Le stesse location riflettono questa apertura culturale: L’Aranciera di San Sisto rappresenta emblematicamente la città di Roma, l’Accademia di Spagna e L’Istituto Cervantes aprono all’europeo ed il MACRO riflette invece la portata mondiale del festival”.

Il carattere internazionale del MAshRome Film Fest emerge chiaramente dai sei film proiettati durante la serata di ieri, appartenenti alla Sessione 1 “Black, White, Western & Blood” e diretti da registi provenienti da diverse parti del mondo.

Primo corto ad aprire la proiezione è Django Superstar (regia di Ivana Radmilovic) per la categoria MashPrime. La tonalità seppia domina la scena stepposa, tipicamente western, mentre i passi di Django calpestano sicuri la strada, fin dentro un bar. Una ripresa in soggettiva prende quindi il sopravvento, Django muove il suo sguardo lungo il bancone e tra i tavoli, incontra gli occhi di una donna, la sua bocca, il suo collo, ma gli è concesso solamente di accenderle la sigaretta, il suo uomo guarda in cagnesco, lei si tira indietro. La musica si sostituisce totalmente alle parole, che se vengono pronunciate noi non le sentiamo. A dare una lettura di quanto avviene sono solo le frasi bianche sullo sfondo nero che si alternano con regolarità alle immagini, come in un film muto. “Questo è solo un piccolo sporco villaggio in mezzo al nulla. Niente di ciò che accade qui è davvero importante”.

(C)Isadora Casadonte

(C)Isadora Casadonte

Passi sicuri e regolari aprono anche il secondo corto della categoria MashPrime: il noir Hiob (di Marco Gadge), passi che questa volta solcano un pavimento grigio, quello dei tanti corridoi che il poliziotto Giobbe attraversa con il collega durante il suo lavoro. La saturazione dell’immagine portata allo stremo riflette le zone d’ombra che l’interiorità tormentata del personaggio proietta sulla realtà circostante. Giobbe, portatore di cattive notizie, conduce un’esistenza divisa tra i propri fantasmi (il volto di una donna irrompe nei suoi ricordi, come una luce a intermittenza) e le brutture del mondo che sembrano gravare sulle sue spalle, attribuendogli la responsabilità di farsene messaggero. Eppure arriva un momento in cui la morte scuote il personaggio in modo nuovo. Allora le lacrime che Giobbe non riesce a contenere segnalano forse una riconquistata umanità ed una nuova apertura alla vita, pur se ritrovata nell’abbraccio di una donna che porta dentro di sé un feto morto.

Dans L’Ombre, ultimo corto della categoria MashPrime, per la regia di Fabrice Mathieu, mostra con tutta evidenza il suo carattere “mash”. Un’ombra solitaria racconta la storia della sua vita facendo da sfondo sonoro ad una sequenza di immagini tratte da diversi film. Scene appositamente scelte da capolavori come “M”, “Il Falco” e “Il terzo uomo” si mescolano, per costruire un filo narrativo inedito e formare quindi un prodotto artistico nuovo.

Passando invece alla categoria Animation, segue la proiezione di Memento Mori. Quello che la regista Daniela Wayllace ci propone è un percorso attraverso la scoperta della morte, fino alla “lux perpetua”. La veglia funebre di una ragazza si trasforma nella sua danza tribale con la morte, in un viaggio a ritroso verso le cause sconvolgenti del suo decesso e poi di nuovo in avanti per far luce su cosa ora l’attenda..

The little girl (di Hakan Berber) è il titolo del secondo corto per la categoria Animation. Una bambina solitaria con la sua bambola cammina per le strade di una città che presto non esisterà più. L’arrivo di “Little boy” è devastante: è una bomba che cade rovinosa sul suolo. Alla bambina cadono le sue trecce, che diventano due metaforici aquiloni a cui aggrapparsi per cercare la salvezza. Eppure Little girl vagando in un cielo fatto di gambe e braccia capisce che scappare è impossibile. Anche il suo corpo si disintegrerà in milioni di particelle.

(C)Isadora Casadonte

(C)Isadora Casadonte

Infine The Telegraphist (di Lisa Sperling) per la categoria Remix è un video musicale in cui le potenzialità del mash-up esplodono. Un corto tutto dedicato ai canali di comunicazione di ieri e di oggi, passando attraverso il telegrafo, la posta, il telefono, fino alla musica del pianoforte, che diventa un ulteriore strumento di condivisione e propagazione di messaggi. Un filo rosso che ricorda quello di Arianna scorre lungo tutte le immagini del video e consente il collegamento, il contatto tra chi è distante così come tra chi non lo è. I canali di comunicazione diventano un espediente per parlare del legame che ci unisce al passato, al futuro, ma soprattutto agli altri, in un turbinio di fili che arriva a ricoprire l’intero schermo, quasi a voler simboleggiare l’infinita potenzialità del web nei nostri giorni, o magari il concetto stesso di mash-up, che non fa altro se non unire e combinare, per dar vita ad una dimensione di condivisione nuova.

A chiudere la serata l’Art-Jazz dei Pollock Project, che con la loro musica visuale ribadiscono la linea artistica di questo festival, aperto alle promesse internazionali del futuro.

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