Panel MAshRome: Everywhere is remix
Al via la seconda giornata del Festival MAshRome con il panel che ha messo a confronto ospiti internazionali, tra cui il messicano Carlos Amorales
di Francesca Britti
Ieri 9 Maggio si è svolto il panel del MAshRome Festival, di cui Ghigliottina è media partner, presso la Real Academia de España di Roma.
È curioso che per parlare di arte remixata la location scelta sia un’architettura costruita fra il 1481 e il 1500, per volere di Isabella di Castiglia e Ferdinando II di Aragona.
Rifacendosi alla celebre frase di Lavoisier Nulla si crea, nulla si distrugge tutto si trasforma il Everywhere is remix riporta in auge pezzi di storia del cinema o dell’arte o della musica rimescolandoli dando vita a nuove suggestive creazioni.
Ospiti quest’anno della prima giornata del Festival artisti internazionali provenienti da mondi artistici diversi che si sono confrontati fra di loro evidenziando analogie e differenze del modo di fare mash up. Horkay Istvan che ha presentato alcuni lavori prodotti in collaborazione con Peter Greenway. Nato come pittore si è trovato casualmente in questa nuova dimensione artistica e tra i lavori presentati spicca quello su un poeta ungherese morto durante l’Olocausto. A breve, ha ricordato, Istvan, ricorre in Ungheria la commemorazione dell’Olocausto quindi la sua ricerca sulle opere di questo poeta rimane costante e centrale in questo fase della sua produzione.
La crisi si sta diffondendo in tutta l’Europa più di quanto si creda. L’arte come risponde allora? In Ungheria l’aria che tira è tutt’altro che positiva. E Palfi Gyorgy ne è una testimonianza. Proveniente dalla regia più classica si è lanciato a produrre remix. Il lavoro presentato al pubblico contiene 500 pezzi, presi da film, scomposti e ricomposti. A causa dei diritti d’autore però l’artista non può trarre profitti da questo lavoro, che è stato presentato anche a Cannes e apprezzato molto dal pubblico, nonostante l’insolito linguaggio a cui gli spettatori di festival in Costa Azzurro non sono abituati.
Iuri Lech, direttore del Festival Matadac, è un videoartista che si serve molto delle nuove tecnologie, veri e propri strumenti di comunicazione innovativi non solo da un punto di vista tecnico ma anche narrativo. Attraverso queste tecnologie, secondo Lech, l’arte di oggi non è più nel cinema ma nella video art. E le sue produzioni lo dimostrano. A differenza degli artisti citati (e più in generale) Lech fa un remix di immagini sue personali sviluppando una sceneggiatura iniziale che poi si trasforma grazie all’inaspettato, mostrando il meglio di sè. Uno script preciso non è, perciò, necessario, “bisogna tenere tutto in mente“.
Antonietta de Lillo, l’unica italiana partecipante al panel, ha, invece, raccontato il percorso del remix partecipato, Il pranzo di Natale. Tre sono stati gli aspetti essenziali: il remix, le potenzialità della rete e le capacità narrative del cinema. Proprio la rete ha permesso la diffusione di questo mash up, tra cui, ad esempio, Larepubblica.it, che ha appoggiato il progetto della de Lillo.
Infine uno speciale intervento di Carlos Amorales, che ha conquistato “la scena internazionale per la sua sorprendente capacità visionaria e per la sensibilità ultramoderna con la quale elabora, mescolandoli, molteplici e opposti elementi“. Il suo racconto si è incentrato su come il punk sia arrivato in Messico grazie al remix. Il simbolo della sua creazione, le farfalle, si è diffuso a macchia d’olio tanto da influenzare anche i grandi nomi della moda, tra cui D&G e Victoria’s Secret.
Ciò che differenzia il remix, come hanno mostrato i lavori degli ospiti, è la capacità originale di mescolare elementi fra di loro diversissimi e magari apparentemente opposti ma che in fondo sono accomunati da un colore, un suono, un’immagine.