L’Italia e il processo Ruby
Una lettura sociale e filosofica del caso che ha diviso l’informazione e l’opinione pubblica
di Roberto Casucci
Il processo Ruby è stato il tema principale del dibattito mediatico dell’ultima settimana. Come ormai noto a tutti, il pm Ilda Bocassini ha richiesto nella sua requisitoria che Silvio Berlusconi sia condannato a sei anni di reclusione e sia interdetto perpetuamente dai pubblici uffici. Prostituzione minorile e concussione sono i reati contestati. La vicenda ha spaccato l’opinione pubblica. L’informazione ha cavalcato l’onda e per alcuni giorni è tornato il clima di aspra contrapposizione tra i partiti. Per capire come mai socialmente ci si schieri a favore dell’innocenza o della colpevolezza, vanno considerati molti fattori. Innanzitutto l’imputato. La figura di Berlusconi incarna perfettamente le divisioni della seconda Repubblica. Coloro che l’hanno sostenuto e coloro che l’hanno osteggiato traggono le proprie conclusioni influenzati in primis dall’appartenenza politica.
Su questa base proliferano i messaggi dei mass media che accentuano i caratteri e raffigurano la Bocassini come avversario in una sorta di contesa. Si crea un fantomatico duello tra politica e giustizia. L’effetto è di disorientamento. Siamo cresciuti imparando dalla Costituzione la necessaria separazione tra i poteri dello Stato e ci troviamo a sceglierne uno dei due. A questa confusione si aggiunge la mancanza di chiarezza nell’esporre gli elementi stessi del processo. Rispetto al giornale che sfogliamo o al programma tv che seguiamo, le prove, le testimonianze e gli avvenimenti ci sono proposti con letture diverse.
La differenza con gli altri processi di Berlusconi la fanno in questo caso le tipologie di reati contestati. La concussione pone il cittadino di fronte al dubbio che il politico da lui eletto abbia abusato dei suoi poteri di rappresentanza deludendo la fiducia conferitagli. La prostituzione minorile suscita interrogativi rispetto la moralità, intesa come assieme di convenzioni e valori di un determinato gruppo sociale in un periodo storico.
In realtà, è fondamentale notare che, chiunque voglia esprimere un giudizio, debba appoggiarsi alla definizione di legge che è diversa secondo il campo di applicazione. La prima è la legge intesa come norma giuridica. Vuole regolare il comportamento degli individui all’interno della società ed ha carattere imprescindibile. L’individuo deve sottostare alla legge e non può sottrarsi a essa. Poi, in un paese cattolico come l’Italia va citata la legge di Dio dove il peccato è legato alla violazione dei comandamenti. I peccati, si sa, possono essere confessati e perdonati. Infine c’è l’etica, la legge morale. La morale dell’essere razionale è tale che egli deve obbedire a un comando che si è liberamente dato, in modo conforme alla sua stessa natura razionale. E’ di carattere personale.
Le opinioni nel dibattito sul processo Ruby mescolano tutti questi elementi. Nella società il confronto si è aperto discutendo tra l’appartenenza politica, la morale personale e religiosa. In fondo si è trattato di un’udienza in un’aula di tribunale e logicamente dovrebbe essere la legge come norma giuridica cui ci si dovrebbe appellare.
(fonte immagine: politica.excite.it; www.mondoinformazione.com)