Non è un paese per Saragat
L’esecutivo Letta si prepara alla riforme costituzionali, ma Rodotà già mette in guardia dal rischio “assalto alla Costituzione”
di Adalgisa Marrocco
Cambiare la Costituzione. Non è un intento di un supereroe ma, più semplicemente, quello del governo Letta. Dopo l’IMU e la cassa integrazione, il pensiero fisso del neo-esecutivo sembrerebbe proprio quello di dare il via ad un percorso parlamentare che attui riforme istituzionali e cambi faccia alla legge elettorale.
Lo aveva già spiegato qualche settimana fa il presidente del Consiglio Letta: la ristrutturazione costituzionale seguirà “due binari”, con l’avvio di una convenzione parlamentare (smentita in itere, ma ancora possibile) e la nomina di una commissione di esperti esterni .
Ma ad anticipare Letta di qualche giorno, puntando il dito contro un possibile “assalto alla Costituzione”, era giunto Stefano Rodotà dalle pagine di Repubblica. “Il punto più inquietante della linea istituzionale enunciata dal presidente del Consiglio risiede nella proposta di istituire una Convenzione per le riforme. Preoccupa il collegamento tra riforma elettorale e modifiche costituzionali, che contraddice la proclamata urgenza del cambiamento della legge elettorale e rischia, in caso di crisi, di farci tornare a votare con il porcellum. Preoccupa la spensieratezza con la quale si parla di mutamento della forma di governo”, ha affermato l’ex candidato alla guida del Quirinale.
Parole che non sembrerebbero fornire ragion d’essere a benefici del dubbio per la rivoluzione promessa da Letta & Co., quelle di Rodotà che, sempre su Repubblica, ha aggiunto: “Preoccupa lo spostamento in una sede extraparlamentare di un lavoro che – cambiando il titolo V della Costituzione, l’articolo 81, le norme sul processo penale – le Camere hanno dimostrato di poter fare, con il rischio di avviare un improprio processo costituente “suscettibile di travolgere l’insieme della Costituzione” (dice Onida nella relazione dei Saggi). Inquieta la pretesa di Berlusconi di vedersi attribuire la presidenza di questa Convenzione, dopo essere stato l’artefice di una riforma costituzionale clamorosamente bocciata nel 2006 da sedici milioni di cittadini”.
Spiegazioni eloquenti, spiegazioni di costituzionalista. Rodotà riassume così perché il futuro esperimento simil-Bicamerale dell’esecutivo Letta non fa prospettare nulla di positivo ma, al contrario, potrebbe trascinarci in un ciclone anti-democratico. Il destino meno auspicabile per qualunque Paese, tanto più per un Paese in sofferenza socio-istituzionale come l’Italia.
Eppure il governo sembra pronto a spingere il piede sull’acceleratore, mettendo al vaglio i margini di applicazione dell’Articolo 138, nella cui prima parte si legge: “Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione”.
Quindi, maniche rimboccate per il ministro delle Riforme Costituzionali Gaetano Quagliarello (Pdl) e per le commissioni Affari Costituzionali. Commissioni presiedute al Senato da Anna Finocchiaro (Pd), con i vice-presidenti Claudio Fazzone (Pdl) e Nicola Morra (M5S), mentre alla Camera guidate da Francesco Paolo Sisto (Pdl), Roberta Agostini (PD) e Danilo Toninelli (M5S). Politici i cui curriculum non sembrerebbero propriamente quelli di provetti costituzionalisti ma, d’altronde, questo passa il governo Letta.
Tutti piccoli segnali che fanno desistere dalla convinzione che potrà essere proprio l’attuale esecutivo a cambiare il nostro assetto costituzionale, e a farlo bene. Fatta eccezione per “interventi di routine” come la riforma della legge elettorale, il pensiero che altri e più corposi aspetti della Costituzione possano essere soggetti alla modifica di questo governo (nato per scopo e sviluppatosi per interesse) riporta con sé alla mente tutte le preoccupazioni espresse da Rodotà.
Eppure il momento della verità si avvicina a grandi passi. Secondo Dario Franceschini, ministro per i Rapporti col Parlamento, la discussione potrebbe aprirsi già a partire dal prossimo 29 maggio.
Lavori in corso per la Costituzione. Ma Saragat non c’è più e, anche se ci fosse, non presiederebbe più nulla.
(Fonte immagine: http://www.parlandosparlando.com )
Una risposta
[…] della squadra che dovrebbe cambiare la nostra Costituzione non sia propriamente invidiabile. Non è un paese per Saragat, […]