Suicidio politico di un “vecchio terrorista” omofobo
Dominique Venner aveva annunciato un “gesto spettacolare” contro la nuova “rivoluzione francese”. Alla fine il militante dell’estrema destra francese ha deciso di puntarsi una pistola alla tempia, a Notre-Dame
di Guglielmo Sano
“Ci vorrà certamente un gesto nuovo, spettacolare e simbolico per scuotere la sonnolenza, per scrollare le coscienze anestetizzate e risvegliare la memoria delle nostre origini […]. Non basterà organizzare delle gentili manifestazioni di strada”. Con queste parole, scritte sul suo blog, in un post intitolato “Heidegger e la manifestazione del 26 Maggio”, Dominique Venner di 78 anni, si è congedato dal mondo.
Venner, scrittore e saggista ma soprattutto fanatico esponente dell’estrema destra francese, alle ore 16 del 21 Maggio, si recava presso la cattedrale parigina di Notre Dame. Portava con sé una pistola di piccolo calibro, sfuggita ai metal detector, che ha usato per togliersi la vita, sparandosi in bocca davanti a 1500 turisti – molti dei quali bambini. Il prete della cattedrale, Patrick Jacquein, non ha esitato a definire la scena come “apocalittica”.
Un gesto estremo e simbolico, in un luogo altrettanto simbolico per Parigi e la Francia intera; una protesta contro la legge da poco approvata dal Senato della Republique che consente alle coppie omosessuali di sposarsi e adottare: la ricostruzione del movente è certa, anche tenendo conto del testo di un biglietto che gli inquirenti hanno trovato addosso a Venner.
Venner aveva fatto parte dell’Oas, quell’Organizzazione Armata Segreta responsabile di migliaia di morti durante la Guerra d’Algeria – secondo le statistiche di alcuni storici americani sarebbero addirittura 12.500. Negli anni ’50 fu militante nazionalista della Jeune Nation, poi fece parte del gruppo di ricerca sulla “civilizzazione europea”, il cui progetto sta all’origine del pensiero della Nouvelle Droite. Dopo un breve passaggio in galera per le scorribande algerine e per ragioni politiche, Venner fu fondatore di “Europe-Nation” – formazione politica che sarà alla base dell’esperienza di “Occident”. Quest’ultimo partitino, apertamente fascista e razzista, verrà sciolto nel ’68. Dal 2002 dirigerà la “Nouvelle Revue d’Histoire”; dalle pagine di questa rivista sosterrà il bisogno dell’Europa di farsi “Nazione”.
Fino al giorno del tragico attentato aveva continuato a sostenere la sua ideologia xenofoba e razzista, ottusa e retrograda. Combattere l’invasione “islamico-maghrebina” era la sua missione di vita, fermare la “decadenza” e il “decadimento” della Francia e dell’Europa la sua ossessione. Alla concessione del diritto al matrimonio per le coppie dello stesso sesso, il suo apparato ideologico non ha retto. Psicopatico? Forse, sicuramente non del tutto sano di mente. Terrorista? Si, perché il suo atto violento è stato dettato da intenti dichiaratamente politici. Soprattutto vecchio inacidito e depresso, Venner, cosciente di aver perso la sua personale battaglia contro la “Storia”.
Marine Le Pen, a capo del maggiore partito della destra francese – quel Front National “ereditato” dal padre Jean-Marie – ha esaltato il coraggio dello scrittore: “al quale va tutto il nostro rispetto”. In Italia Gianni Vattimo ha parlato di un “gesto paradossalmente rispettabile” ma che testimonia una strana “voglia di Medioevo”. La Francia, da parte sua, sembra aver voglia di cambiare: secondo recenti sondaggi il 66% dei francesi è a favore del matrimonio degli omosessuali – mentre si riscontra qualche disaccordo in più sulle adozioni, d’accordo “solo” il 47%.
Anche se con qualche difficoltà, la Gauche di Hollande è riuscita a far approvare la legge che cambia l’articolo 143 del Codice Civile e che recita adesso recita che “il matrimonio è contratto tra due persone di sesso opposto o dello stesso sesso”. La Francia è il quattordicesimo paese in ordine cronologico a permettere alle coppie gay e lesbiche di sposarsi, prima riconosceva solo le “unioni civili”, sia eterosessuali che omosessuali. Ma, rispetto ai PACS, sul fronte dei diritti, per le persone LGBT è tutta un’altra storia: si può assumere il cognome del partner, si può optare per la comunione dei beni, in caso di decesso del consorte si ha diritto alla pensione di reversibilità o comunque si può ereditare, infine è automatica, secondo il testo di legge, anche la possibilità di adottare.
Un vento nuovo sembra soffiare nel mondo, portando con sé l’affermazione dei diritti delle coppie omosessuali. Negli Stati Uniti, nonostante l’omofobia sia considerata una piaga sociale diffusissima che causa numerose vittime, i matrimoni delle coppie dello stesso sesso sono diventati legali nello stato di Washington, nel Maryland e nel Maine. Il primo ministro spagnolo Rajoy, che voleva fare retromarcia sulle decisioni del precedente governo socialista di Zapatero, si è arreso di fronte alle sentenze della Corte Suprema Spagnola. Dalla parte dei matrimoni tra omosessuali pure il “cattolicissimo” Portogallo, anche se non è concesso alle coppie di adottare, e l’insospettabile Albania. L’Argentina, già dal 2010, ha una legge in favore dei matrimoni tra persone dello stesso sesso.
La strada verso una completa parificazione, però, è ancora lunga se consideriamo che in 80 paesi del mondo l’omosessualità è ancora un reato. In 8 di questi è punita con la morte (Arabia saudita e Iran per esempio), in Cina gli omosessuali vivono in una posizione al limite dell’illegalità, in alcuni paesi africani si rischia la carcerazione (Algeria e Marocco) se non addirittura l’ergastolo. In Russia è stata da poco approvata una legge che proibisce la ”propaganda omosessuale”.
L’Italia non è, fortunatamente, a questi livelli, ma l’intolleranza e la discriminazione sono e rimangono realtà tangibili. Il vento non è ancora arrivato nel Belpaese: se in Europa si parla di matrimoni gay, da noi si discute ancora se estendere una legge, la “Mancino” del 1993: che assicura protezione “contro le discriminazioni motivate da condizioni razziali, etniche, nazionali o religiose a tutte le minoranze”, anche agli omosessuali. Verrebbe da essere d’accordo con Paolo Patanè, presidente di Arcigay nazionale, che ha definito l’Italia “paese del quarto mondo per diritti civili e libertà”.