È l’Italia, bellezza
Il governo Letta ed i proclami: le contraddizioni di un Paese che finge rinnovamento, ma rimane ancorato ai suoi vizi
di Adalgisa Marrocco
E’ stata una metafora coreografica quella del 2 giugno. Una parata costata 1 milione e 500mila euro con un risparmio di 400mila euro rispetto agli anni passati. Una parata svoltasi, nonostante il Paese che festeggia abbia ben poche ragioni di giubilo.
Una grande metafora per un’Italia che mette le pezze, ma mai ripara davvero i propri guasti. Così si discute di riforma del nostro sistema governativo e della legge elettorale, si taglia (a partire dalle calende greche) il finanziamento pubblico ai partiti.
L’attenzione sulla sofferenza economica del Paese si annebbia, quando Alfano promette l’elezione diretta del Capo dello Stato come fosse priorità assoluta per il Bel Paese. L’emergenza italiana si affossa del tutto quando, dalla TV, Schifani fa eco ad Alfano annunciando quanto sarebbe bello ed ideale che quel primo Capo dello Stato eletto in maniera diretta fosse Silvio Berlusconi. Ed ecco la pezza: riformare con, condicio sine qua non da larghe intese, la certezza che il padre nobile del Pdl abbia salvi capre e cavoli (suoi). Corte Costituzionale permettendo.
Ma se si verificasse quanto scongiurato da Berlusconi ed il suo seguito, ecco che il governo Letta potrebbe non passare la nottata. Allora addio riforme, compresa anche quella della legge elettorale, subordinata, neanche a dirlo, alla creazione di una Repubblica di tipo presidenziale.
E in tutto questo, Napolitano lancia moniti, mettendo in guardia dall’inconcludenza della dialettica politica e stabilendo come scadenza per la verifica di fattibilità delle riforme il 2 giugno 2014.
Un copione già recitato, in cui si fa finta di voler accelerare ma si procrastina, e dove si parla d’emergenza ma si dimentica quella di natura economica. A fare da cornice a questo quadro finto buonista, come già anticipato, arriva la notizia di un ddl per il taglio del finanziamento pubblico ai partiti. A partire dal 2017. A proposito di procrastini.
Ma precisiamo: che quella di rendere graduale la fine del finanziamento ai partiti sia un’esigenza dettata anche da scadenze di contratti stipulati con soggetti terzi è indiscutibile. Altrettanto indiscutibile è però la preoccupazione che uno stop a così lungo termine faccia uscire il finanziamento dalla porta, permettendogli di rientrare dalla finestra con agilità nei prossimi 36 mesi.
Insomma, si sia grillini o meno, il sospetto che il governo Letta viva esclusivamente di proclami è forte. Un sospetto che rivendica nutrire anche Matteo Renzi, accusato di lavorare “da fuori” al fine di rendere zoppa la poltrona di Enrico Letta.
In più, il sindaco di Firenze si dice intenzionato a candidarsi alla segreteria PD solo se il PD vorrà vincere le prossime elezioni. Quindi, a voler dar ragione al ritratto che Renzi fa del proprio partito, il PD è lo specchio del governo. Governo che, a sua volta, è specchio della parata del 2 giugno.
Mostrare i muscoli, riducendo lo sforzo al minimo. Dire di far presto, rimandando a dopodomani. Pensare di star pensando a qualcosa d’importante, ma avere nella testa solo il superfluo. E’ l’Italia, bellezza.
(fonte immagine: http://www.rai.it)