I 26 punti per salvare la cultura italiana
Il neo ministro per i Beni, le attività culturali e il turismo Massimo Bray ha illustrato il suo programma di rilancio per la cultura del nostro Paese
di Alessia Signorelli
@lasignorelli
Sono ventisei e vanno da Pompei all’implementazione delle nuove tecnologie, ad un’idea di partneriato tra pubblico e privato a sostegno dei beni e delle attività culturali, alle agevolazioni fiscali, toccando altri temi “caldi”. Così sono aritcolate le linee programmatiche del MiBAC, presentate il 23 maggio da Massimo Bray, nuovo ministro per i Beni, le attività culturali e il turismo.
Ventisei punti che dimostrano come sia arrivato, per il nostro Paese, il tempo di rapportarsi in maniera meno “schizofrenica” con il proprio patrimonio storico artistico e culturale.
Più volte, sulle pagine virtuali di questo settimanale, abbiamo cercato di analizzare lo stato della nostra cultura, che ricordiamoci è composta anche da quel patrimonio immateriale costituito da tradizioni popolari ed usanze che è al limite e spesso sconfina nell’antropologico, e ne abbiamo evidenziato le carenze, gli abbandoni plurimi, le idiosincrasie, un universo dove eventi e manifestazioni si creano e si disfano nel giro di un anno, dove l’utilizzo delle nuove tecnologie avviene a singhiozzo e, spesso, in maniera timida, dove si organizzano giornate di sensibilizzazione mentre pilastri di storia e cultura cadono – letteralmente – a pezzi.
Proprio per questo, si parte dalla tutela di Pompei, piazzata al primo punto, con il “Grande Progetto Pompei” nel quale viene ribadita la necessità assoluta di portare a termine il programma straordinario di interventi varato con il decreto legge n.34 del 2011, promuovendo “l’impegno condiviso di tutti gli attori istituzionali coinvolti.”
Viene inoltre ribadita la necessità di un ripensamento della politica economica che vede i beni culturali non più gli “agnelli sacrificali” di una crisi che sembra essere sempre di più un terrificante incrocio tra il vaso di Pandora e un pozzo senza fondo, bensì i facilitatori della ripresa, slegati anche da quelle pastoie burocratiche che molto spesso causano un percorso all’indietro piuttosto che verso il futuro.
In ventotto pagine, il ministro Bray ha condensato un quadro molto realistico della condizione attuale nel quale l’Italia culturale si trova, offrendo tutta una gamma di soluzioni estremamente “pratiche”, nelle quali si fa il punto della situazione senza nascondersi dietro al famoso dito; un esempio, al punto n. 4 “I musei e gli altri luoghi della cultura. La destinazione dei proventi dei biglietti”, leggiamo che “Se è già colpevole che il nostro Paese finanzi in misura nettamente insufficiente la cultura, è addirittura intollerabile che vengano sottratti al Ministero i proventi derivanti direttamente dagli introiti dei musei e degli altri luoghi della cultura. La ricchezza della cultura, in questo modo, viene sottratta proprio ai soggetti che la hanno generata.”
Si parla poi del rischio sismico, della prevenzione e dei progetti di restauro in Abruzzo ed Emilia, di una nuova concezione di città, di un’innovazione nel rapporto tra paesaggio ed architettura, della circolazione dei beni culturali, dell’inasprimento delle pene nei confronti di chi compie reati contro il patrimonio storico artistico e culturale, si parla di cinema, dell’importanza della valorizzazione di questo nostro patrimonio culturale, con un chiaro riferimento all’utilizzo delle nuove tecnologie come fondamentali nella sua divulgazione, al punto 17, dove si fa anche una chiara menzione dell’utilità dei social networks come “ponti di comunicazione” tesi ad un pubblico sempre più ampio…
Non ha tralasciato niente, il ministro Bray, mettendo in luce le molte debolezze del nostro sistema cultura e proponendo altrettante soluzioni per contrastare questo senso di decadimento generale che ci ha investiti, malgrado il moltiplicarsi di mostre ed eventi, che, però, alla lunga hanno il retrogusto amaro di maschere utilizzate per nascondere un volto la cui bellezza ha iniziato a sciuparsi e deturparsi sempre più. Seppure è vero che, non si ha alcuna certezza riguardo la durata dell’attuale governo, in questo caso, possiamo solo augurarci che queste ventisei “soluzioni”, vengano, se non portate a compimento, quantomeno iniziate nel minor tempo possibile.