La Fiat in Italia: quale futuro?
È oggi importante ricostruire il rapporto tra Stato e azienda: non solo nuove strategie, ma anche nuove prassi
di Andrea Ranelletti
Una conversazione “lunga e piacevole” per definire i termini del futuro impegno sul mercato italiano della Fiat. Nella giornata di venerdì i vertici dell’azienda automobilistica torinese – il Presidente John Elkann e l’AD Sergio Marchionne – hanno incontrato a Roma il Ministro dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato con lo scopo di porre le basi per i futuri colloqui con il nuovo Governo, destinati probabilmente a tratteggiare nuove strategie per risollevare la produzione automobilistica nella penisola.
Una era la priorità dell’incontro: rassicurare sull’impegno della Fiat in Italia, allontanando le voci secondo cui la fabbrica d’automobili torinese sarebbe in procinto di abbandonare lo Stivale, per rilanciare la propria produzione nel momento di maggior difficoltà. Al termine dell’incontro il Ministro Zanonato si è definito confortato dal meeting, convinto di essere riuscito a ottenere le garanzie necessarie ad avviare il dialogo sulle manovre da effettuare per rilanciare il mercato automobilistico in territorio italiano.
A conferma del buon esito dell’incontro è giunto un comunicato Fiat in cui si sottolineava l’intenzione di “non chiudere alcuno stabilimento italiano” e di mantenere invariati “gli attuali livelli occupazionali”.
Prosegue intanto la corsa del titolo Fiat, sullo slancio delle notizie che vogliono vicino un accordo con il fondo fiduciario VEBA (Voluntary Employees’ Beneficiary Association) per l’acquisto della quota di Chrysler – pari al 41,5%. Le azioni della Fiat hanno raggiunto il prezzo di 6.125 euro, il più alto dall’estate del 2011.
Come andrà indirizzato il futuro delle relazioni tra Stato e Fiat? La priorità dell’azienda torinese sarà muoversi in maniera tale da evitare che l’attuale collasso del mercato automobilistico italiano ed europeo finisca per bloccare definitivamente la sua produzione, agendo per rilanciare la propria competitività anche in quelle parti del mondo che non stanno soffrendo la crisi. Lo Stato italiano dovrà mostrarsi interlocutore affidabile, facendo il possibile per creare lo spazio migliore per un rilancio industriale. Sarà però importante abbandonare le antiche prassi, perfettamente sintetizzate dall’economista Luigi Zingales in un suo editoriale uscito lo scorso ottobre su L’Espresso.
“Chi è Marchionne – domandava provocatoriamente l’economista – il salvatore della Fiat e della Chrysler? Il manager italiano più amato dagli americani? O l’espressione più degenerata dell’avido capitalismo nostrano? […] Individualmente, ogni imprenditore ha vita più facile se foraggiato dal mercato – scriveva sempre Zingales – ecco perché si spende così tanto in attività di lobby. Ma nel suo complesso il sistema di mercato peggiora […] E’ imprudente lasciare che siano gli imprenditori come Marchionne a dettare le condizioni. […] Cambiamo il sistema: non solo Marchionne, ma anche gli altri imprenditori ci faranno vedere il loro lato migliore”.
Soffermarsi su un’inutile dicotomia tra buoni e cattivi non è ciò che salverà oggi il mercato automobilistico italiano e l’industria dell’auto nel nostro Paese: sarà piuttosto importante continuare a fare il possibile per sradicare le cattive prassi, sia da parte dell’industria che da parte dello Stato. Nuove strategie dovranno essere accompagnate da nuovi modi di guardare alle relazioni che intercorrono tra le parti. Solo in questo modo sarà possibile studiare un futuro per la Fiat in Italia, impedendo che il timore di una fuga dell’azienda dalla penisola condizioni il dibattito.
(fonte immagine: http://www.ansa.it)