Una pelliccetta sfrangiata in scena al Teatro dell’Angelo
Sul palco del teatro romano arriva un serial killer “fuori dall’ordinario.” La forte interpretazione di Antonello Avallone del testo di Daniele Falleri
di Alessia Carlozzo @acarlozzo
Necessità di liberazione, di accettazione di sé stessi, di uscire fuori dalla propria zona sicura.
E poi la voglia di liberarsi da certi pesi, di certe persone. Letteralmente. In un monologo della durata di poco più di un’ora, Antonello Avallone riprende i panni di un serial killer gay affetto da gravi disturbi psichici.
“Una pelliccetta sfrangiata” di Daniele Falleri è un testo breve e comicamente intenso. Avallone gioca con il buio del palcoscenico, poche luci e la sola presenza silenziosa sul palco di Francesco Marioni, sfortunato psicanalista del protagonista.
Quella di Avallone e’ un’interpretazione veloce e “nervosa”, come i tic e le movenze del protagonista, che regala un ritmo veloce e dinamico al testo grazie a battute secche e rapidissimi cambi di ambientazione, trascinando così lo spettatore nella scia di sangue che si lascia inesorabilmente dietro di sé.
E’ un personaggio tragicomico quello che ci viene consegnato. All’apparenza un fragile, “strano” e infelice uomo (solo all’anagrafe) capace di covare e far esplodere un demone interiore tenuto a freno forse per troppi anni.
Una figura da cronaca nera, ma con l’aggiunta di gesti e aspetto decisamente comici, che si lascia guidare dai suoi istinti e dai suoi disturbi per iniziare e completare un’opera: l’eliminazione sistematica di tutti i suoi punti di riferimento e affetti.
La pièce si apre infatti con una lapide e sfuggevoli lacrime di coccodrillo, per terminare con uno scoppio e una partenza che sa di fuga e di avventura.
Frammenti scarlatti che dipingono questo “noir psicologico a tinte comiche”, come volutamente definito dall’autore, e che colpiscono con forza lo spettatore, basito testimone di una crudeltà resa ancora più intensa e imprevista dal forte aspetto caricaturale del personaggio.
Avallone, infatti, riesce a creare una contrasto visivamente interessante tra l’esteriorità sgargiante e fuori dagli schemi del suo serial killer, con un’aurea interiore drammaticamente oscura e a tratti inquietante.
Fil rouge del monologo il sottofondo musicale che propone diversi brani di Mina. Partendo da “Città vuota” che coincide con l’inizio del percorso di “liberazione” del protagonista, per terminare con “Brava” un inno auto celebrativo che lo accompagna, ammantato da quella pelliccetta, verso un’ipotetica e agognata libertà.
“Una pelliccetta sfrangiata”
di Daniele Falleri
con Antonello Avallone
Roma, Teatro dell’Angelo
fino al 9 giugno