Figlio mio, quanto mi costi?
Secondo l’Associazione nazionale famiglie numerose (Anfn), crescere un figlio costa più di 8.000 euro all’anno. Tra detrazioni e assegni familiari dallo Stato arrivano poco più di mille euro a bambino
di Lilia Biscaglia
Più di 8.000 euro l’anno: è il costo di un figlio secondo un recente studio dell’Anfn. Sono state considerate 18 voci di spesa di un campione di coppie con uno o più figli, e con un reddito di circa 50mila euro l’anno. Si va dal cibo ai vestiti, dai trasporti agli impegni extrascolastici, fino alle spese di affitto o di manutenzione della casa che i genitori condividono con la prole. Per i bambini al di sotto dei tre anni bisogna aggiungere circa 2.700 euro all’anno per le cosiddette spese di “impianto” del nuovo arrivato: carrozzine, pannolini, letti ed accessori, baby sitter. Tra le voci che incidono di più ci sono il cibo – con quasi 4000 l’anno – e le spese per la casa: affitto, rata del mutuo o manutenzione della casa di proprietà. Seguono i vestiti con circa 1320 euro, le gite e il materiale scolastico (520 euro), l’attività sportiva o ricreativa (475 euro), e le spese di riscaldamento, elettricità e acqua (quasi 800 euro).
IL SOSTEGNO DALLO STATO – Ma se le spese di crescita per ogni figlio superano gli 8.000 euro l’anno, le detrazioni di cui usufruiscono i genitori – entrambi lavoratori dipendenti e con uno stipendio da 30mila e 20mila euro – ammontano a 700 euro l’anno a figlio, con un incremento a 1.242 l’anno a figlio se i figli a carico sono quattro o più di quattro. Gli assegni familiari variano, invece, al crescere del numero dei figli. Nel caso di una coppia sposata si parte d 376 euro l’anno per il primo figlio, mentre per il secondo bisogna aggiungere altri 312 euro l’anno. Per il terzo figlio la stessa coppia riceverà 919 euro l’anno in più rispetto alle famiglie con due figli a carico. L’assegno per il nucleo familiare è però di fatto una misura categoriale: ne beneficiano solo i lavoratori dipendenti, gli ex-dipendenti e i parasubordinati.
L’ESEMPIO FRANCESE – In Francia – dove si registra uno dei più alti tassi di fecondità per donna in Europa – sono presenti invece, numerose forme di sostegno di carattere universale come la Paje (Prestation d’accueil du jeune enfant) che comprende un premio nascita e un assegno di base a partire dalla nascita del bambino fino ai suoi tre anni. Per i genitori che lavorano è previsto, inoltre, un contributo per la cura dei figli che permette di ammortizzare i costi sostenuti da chi usufruisce dei servizi per la cura e l’assistenza del bambino, fino al raggiungimento dei sei anni. Esistono poi i sussidi erogati ai genitori che decidono di smettere di lavorare o di lavorare part-time per occuparsi di un figlio con età inferiore ai tre anni.
UN COSTO O UN INVESTIMENTO – “Le conclusioni sono fin troppo ovvie – commenta Giuseppe Butturini, presidente dell’Anfn –, in Italia lo Stato non riconosce a sufficienza il carico che si assume una coppia mettendo al mondo un figlio. Eppure un figlio è un investimento per lo stesso Stato: senza il lavoro dei nostri figli, noi genitori non potremo mai permetterci una pensione. Occorre dunque invertire la rotta se non vogliamo essere condannati al suicidio demografico”.