“Lo Spiraglio” – Il film festival che racconta la salute mentale
È tornato a Roma con la sua terza edizione Lo Spiraglio Filmfestival. Proiezioni ed incontri sul tema della salute mentale hanno affrontato l’universo complesso del disagio psichico il 31 maggio ed il 1 giungo presso la Casa del Cinema di Roma
di Isadora Casadonte
La follia è un labirinto le cui spirali sfuggono alla comprensione di chi non l’ha mai vissuta da vicino. Per questo è necessario “rendere visibile l’invisibile”: esplorare le diverse declinazioni di una realtà ignota per superare il timore verso ciò che non si conosce.
Il cinema si è rivelato uno strumento chiave per affrontare il tema della follia fin dai tempi de Il gabinetto del dottor Caligari di Wiene, esempio emblematico delle potenzialità della macchina da presa, lì dove a delinearsi è una prospettiva di capovolgimento tra il mondo dei “sani” e quello dei “folli”.
L’intento de Lo Spiraglio Filmfestival è quello di affrontare oggi il tema della salute mentale raccontandola da dentro e da fuori, costruendo un archivio di immagini e parole che favoriscano la lettura dell’animo umano.
Il cinema diventa quindi il tramite per superare le divisioni e cancellare gli stereotipi, oltre a confermare la sua profonda funzione terapeutica nei confronti di chi soffre di disagio psichico.
Corti, lungometraggi e incontri sul tema della salute mentale nel suo insieme sono stati offerti al pubblico della Casa del Cinema di Roma con la direzione scientificadi Federico Russo e la direzione artistica di Franco Montini, durante le giornate del 31 maggio e del 1 giugno.
I cortometraggi in gara per aggiudicarsi il Premio Fausto Antonucci (infine aggiudicato a Matilde di Vito Palmieri) declinano il tema del disagio psichico in modo diversificato e multiforme. Ad essere raccontata non è solamente la malattia ma soprattutto la salute, con uno sguardo che indaga le pieghe del benessere della persona nel suo complesso, all’interno di realtà quanto mai differenti tra loro. Consideriamone alcuni:
Ne La visita (di Marco Bolla), moglie e marito si recano alla clinica dove è ricoverato il loro unico figlio ormai adulto. A stagliarsi prepotente sulla scena è una madre possessiva, incapace di accettare il malessere di un figlio di cui si ostina a ricordare solo l’infanzia o ad immaginare un futuro secondo i propri desideri. Le sorti però si capovolgeranno presto e la sequenza finale si chiuderà su una madre silenziosa che abbraccia il cuscino della pazzia.
Altrove e con nessuno (di Luca Angioli) è invece un corto aperto a diverse interpretazioni. L’uomo che si sveglia all’improvviso disteso su un campo crede di essere solo nella sterminata distesa di prato ma scopre presto di avere al polso una catena, che lo tiene legato ad un cadavere. Il panico e la confusione crescono quando da lontano comincia a delinearsi la figura di un uomo che si avvicina piano: è lo stesso che giace a terra morto ma ora è vivo e trascina a sua volta una catena, con legata all’altra estremità il corpo senza vita del protagonista, che si trova quindi ad osservare se stesso cadavere. Lì dove uno dei due uomini viva, l’altro è condannato a morire. Non c’è integrazionedella diversità. Uno porta una maglietta blu, con lo stemma di Superman, l’altro indossa giacca e cravatta: in questi termini il corto sembra voler rappresentare la società “per bene”, in contrasto con chi appare così diverso da provenire da un altro pianeta.
“La solitudine è una tempesta di silenzio che strappa ogni ramo morto”. Con questa citazione si apre Milo, il corto di Simon Pietro De Domenico che ci offre una visione inedita del disagio mentale. L’ambientazione è quella di un mondo fantastico o forse di un futuro prossimo, in cui la natura è stata totalmente sconfitta dalla tecnologia e dalle macchine che accompagnano con la loro presenza robotica ogni momento della giornata. Milo è un bambino che vive ignorato dalla famiglia in un mondo fatto di frastuoni metallici e rumori propri di una metropoli che non conosce più il silenzio. Eppure Milo è deciso a farlo nuovamente proprio e a registrare la “tempesta di silenzio” che si abbatte sulla città per riascoltarla in segreto nel suo letto. La cifra della diversità sembra qui risiedere in una sensibilità più profonda, che rivela l’esigenza di un intimo contatto con se stessi.
A fornire un’ulteriore rappresentazione della salute mentale contribuisce poi l’esposizione disposta all’ingresso della sala cinematografica. Disegni che si avvalgono di diverse tecniche artistiche offrono una visione simbolica e suggestiva dei meandri della mente umana.
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